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Per Alberto Monti e Bruno Papignani, rispettivamente segretario generale della Fiom Cgil di Bologna e dell’Emilia Romagna, “l'esito del referendum Saeco ripaga della tanta tensione consumata durante la trattativa. Lo scontro è stato durissimo fino all’ultimo minuto – sottolineano i due sindacalisti - il risultato è frutto della lotta dei lavoratori, della solidarietà che hanno creato intorno a loro e della capacità della Rsu di capire quando di più non si poteva fare, perché l’alternativa era quella di lasciare i lavoratori alla mercé dell’impresa, che si sarebbe vendicata e sottratta da qualunque responsabilità”.
Il sindacato, le istituzioni, la politica, i lavoratori e la comunità hanno vinto? Per Monti e Papignani la risposta è "no". "Hanno fatto l’unico accordo possibile - spiegano i due segretari Fiom - hanno fatto pagare all’azienda il più possibile, ma in gran parte all’interno di una logica di mercato e non di giustizia assoluta o di interesse per quel territorio. Chi se ne va volontariamente (un certo numero di esodi va comunque raggiunto) incassa, in aggiunta alle proprie spettanze, 75.000 euro lordi: per molti lavoratori che recentemente hanno fatto ricorso alla Cigo ed hanno un’aliquota bassa vuol dire 60.000 € netti, per tutti gli altri poco meno".
"Non comprano la dignità - affermano ancora Monti e Papignani - non mantengono posti di lavoro da coprire con i giovani della zona, ma sommandoli alla mobilità ed alla Cassa integrazione speciale, permettono di continuare a pagare il mutuo, di rivedere la propria vita con meno ansia. Per chi rimane (sono di più di quelli previsti originariamente da Philips) c’è un impegno preciso e solenne - oggi raro da scrivere in un accordo - per garantire lavoro ed occupazione per un 'lungo termine', indicando missione e quantità di prodotto. Il disegno dell’azienda è stato totalmente scardinato? No. E’ stato corretto e reso meno disumano".