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“Abbiamo restituito fiducia e dignità ai lavoratori della sanità pubblica, che si prendono cura della salute dei cittadini, grazie a un buon rinnovo contrattuale, un fatto per nulla scontato dopo tanta attesa. E questo, a nostro giudizio, è il miglior risultato che potevamo ottenere per i quasi 600 mila addetti del settore, che vengono da anni di sacrifici, troppo spesso non riconosciuti”. È quanto afferma Michele Vannini, capo area della sanità per la Fp Cgil, all’indomani della presentazione delle liste in vista delle elezioni delle Rsu del pubblico impiego, in programma per il 17, 18 e 19 aprile prossimi.
“Il dato generale è che il numero delle liste è superiore a quello della tornata precedente (marzo 2015) e anche i nostri candidati sono nel complesso in crescita rispetto al passato. Siamo presenti in tutti i territori, mentre le assemblee sono in via di completamento in molte zone. Durante gli incontri con i lavoratori abbiamo illustrato i contenuti del nuovo contratto del settore, chiuso assieme all’Aran il 23 febbraio scorso, al termine di una lunga no stop di 28 ore”, prosegue il sindacalista.
“Siamo partiti spiegando la parte economica del ccnl, premettendo che nessun incremento salariale avrebbe potuto risarcire una vacanza contrattuale lunga otto anni e mezzo. In ogni modo, gli 85 euro medi d’aumento per il 2018, cui si aggiungeranno gli arretrati 2016 e 2017, costituiscono un buon segno di attenzione per infermieri, operatori socio-sanitari e tecnici di laboratorio. Cui si aggiungerà la contrattazione per il trattamento accessorio, che dovrebbe ripartire a breve”, osserva ancora Vannini.
Nelle moltissime assemblee organizzate, grande interesse ha suscitato proprio il rilancio della contrattazione integrativa. “Sono previsti, tra l’altro, 91 euro d’aumento pro capite per incrementare i fondi di produttività e rivalutare le indennità, a seguito delle ripresa della contrattazione di secondo livello. Oltre al fatto che a questi lavoratori abbiamo allargato la platea dei diritti in modo reale e visibile, con un avanzamento complessivo degli istituti dei rapporti di lavoro, come permessi (per motivi di studio, visite mediche ecc), congedi (estesi alle donne vittime di violenze), ferie, malattia. Tutto ciò, dopo soli sei mesi di servizio e garantendo che il periodo di prova non venga ripetuto se nel frattempo vengono assunti a tempo indeterminato”.
Altro passaggio importante, la riduzione della fascia del lavoro precario e nel contempo l’assottigliamento della tipologia del lavoro flessibile. “Nello specifico, abbiamo eliminato il contratto di formazione lavoro e a somministrazione a tempo indeterminato, e limitato la flessibilità al solo contratto a termine e a somministrazione a termine, mentre continua la campagna nazionale per le stabilizzazioni del personale precario e a sostegno di un piano straordinario per l’occupazione nel settore”, rimarca Vannini.
Più in generale, il contratto ripristina per le Rsu la possibilità di contrattare. “Questo ha generato un apprezzamento assai forte da parte dei lavoratori nelle assemblee. Il contratto, che contiene anche un nuovo modello di relazioni, consentirà a sindacati e Rsu di accompagnare i processi di organizzazione e riorganizzazione aziendale in sanità. Tutto ciò, grazie alla revisione della normativa 165/2001 (la legge Brunetta) e dei decreti di modifica 74 e 75 del 2017 (i decreti Madia) in direzione del Testo Unico del lavoro pubblico”, continua l’esponente della Fp.
Altro punto chiave, l’orario di lavoro. “È stato rispettato e alla fine è rimasto invariato, nonostante le nostre controparti datoriali ci avessero chiesto delle deroghe per far fronte alle carenze di organico sempre più vistose. Noi abbiamo rifiutato, chiedendo al contrario che si ricominci ad assumere. La soluzione ai buchi di personale non può essere un ulteriore aggravio di ore sulle spalle dei lavoratori, sotto forma di straordinari e prestazioni aggiuntive. Stando ai dati della Ragioneria dello Stato, tra il 2011 e il 2015 abbiamo perso oltre 30 mila addetti a tempo indeterminato, e nello stesso tempo è aumentato il lavoro a somministrazione da parte delle aziende sanitarie, che hanno così risposto al blocco del turn over, perdurante ormai da 15 anni. Inoltre, siamo riusciti a far rispettare la normativa Ue sulle 11 ore di riposo obbligatorie fra una prestazione lavorativa e l’altra”, sottolinea Vannini.
Parimenti, c’è molto interesse e tante aspettative per la parte che il ccnl disegna sul sistema delle carriere, contemplando modifiche organizzative e sviluppi professionali inediti. “Bisogna ricordare che abbiamo un contratto molto vecchio, e quindi riscrivere le regole per le carriere è visto dai lavoratori come un fatto propedeutico per il nuovo ccnl 2019-201, di cui già alla fine di quest’anno dovremo cominciare a discutere”.
Infine, sul tema delle politiche per la sanità, il sindacato è preoccupato per l’andamento generale e soprattutto per le prospettive future. Secondo l’Istat, nel 2020 la spesa per la sanità pubblica in rapporto al Pil scenderà al di sotto del 6,5%, ritenuta dall'Ocse la soglia per garantire le prestazioni minime in modo universale ai cittadini, senza che vi sia un peggioramento delle condizioni sanitarie del Paese. “Abbiamo sollevato il problema di finanziare adeguatamente il Fondo sanitario nazionale, sia per mettere in sicurezza la sanità pubblica, difendendo e potenziando l’Ssn ormai al collasso, ma anche attraverso un piano di assunzioni, sia per dare più risorse alla contrattazione e ai trattamenti economici dei lavoratori”, conclude Vannini.
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