“Si è stratificata una debolezza politica e culturale, e questi sono gli esiti. L'episodio della bacheca chiusa alla Magneti Marelli è un segnale del fatto che l'imprenditore in fabbrica può aggirare ed eludere i diritti costituzionali”. Parte dall’episodio di cronaca, Stefano Rodotà nella sua intervista all’Unità, per poi allargare il discorso. “Purtroppo da alcuni anni c'è una deriva, e non è finita, ovvero pensare che i lavoratori debbano essere normalizzati, quindi lo Statuto del lavoratori, l'articolo 18, sono considerati ostacoli. Con un tale clima ognuno tende a fare delle norme per sé”. “Una gigantesca regressione – argomenta subito dopo –, la riaffermazione del potere illimitato dell'imprenditore. Fa il paio con la revisione dell'articolo 41 della Costituzione, che vorrebbe come valore preminente la logica di mercato e della concorrenza, con libertà di violare tre elementi base: sicurezza, libertà e dignità della persona. E la tutela della sicurezza sul lavoro ora viene ridotta dal decreto Monti”.
Il riferimento è al decreto semplificazioni, gli chiedono. “E sì, l'azienda si fa certificare – commenta Rodotà – così non si fanno le ispezioni? Non è possibile. Berlusconi e Sacconi hanno delegato a Marchionne la politica industriale e della fabbrica, ignorando il sistema di garanzie costituzionali e legislative dei diritti dei lavoratori. Ma così si abbassano le garanzie per tutti. E ora un altra lesione è nell'articolo 1 del decreto Monti sulle liberalizzazioni".
Rodotà, una brutta deriva contro il lavoro
2 marzo 2012 • 00:00