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La Costituzione italiana è una Costituzione di relazioni e di legami: tra individui, certamente, ma anche e soprattutto tra i corpi sociali. Non esiste democrazia senza società e senza la forza della rappresentanza e del lavoro. E' stato un intervento lucido e appassionato - preoccupato ma non pessimista - quello di Stefano Rodotà, invitato a tenere una lectio magistralis (“Democrazia e società”) nel corso delle Giornate del lavoro della Cgil che si stanno svolgendo a Firenze. Una democrazia malata e sotto pressione, ha detto il professore, ma che ha ancora la forza e gli anticorpi per reagire soprattutto nella società organizzata.
“Se volessi iniziare con una battuta – ha esordito- direi che oggi non riusciamo a separare la parola democrazia dai tantissimi aggettivi che l'accompagnano: diretta, di prossimità, procedurale, plebiscitaria e autoritaria, addirittura”. Per questo occorre fare chiarezza, visto che la questione è davvero complessa. Rodotà cita Bobbio, per il quale la democrazia è governo del popolo e governo in pubblico. “Ebbene – ha perorato il professore – la prima definizione è oggi in forte difficoltà. I poteri finanziari che la governano escludono il popolo, svuotano di funzione gli Stati nazionali e potenziano le oligarchie. Ignorano la società, secondo la nota definizione della Thatcher per cui esistono solo gli individui: e non a caso il primo ministro britannico condusse una lotta durissima contro i sindacati”. Con una differenza rispetto ai giochi nell'ombra del passato. Ora questo sprezzo lo si ostenta persino, i “poteri non sono più nascosti, come è evidente quando l'Fmi abbandona il tavolo delle trattative e minaccia la Grecia, mostrando esplicitamente che il voto dei cittadini vale zero”.
Per Rodotà, la democrazia non è solo procedura: cioè la garanzie di elezioni che si svolgono ogni tot: “In Bulgaria si votata, ma votavano tutti allo stesso modo. Sono tante le condizioni che rendono effettiva una democrazia: il livello di istruzione dei cittadini, la salute di cui godono, il lavoro: senza lavoro si è ricattabili e il voto non è del tutto libero. Insomma, sono fondamentali quei diritti sociali frutto delle conquiste delle lotte del movimento operaio”.
E' qui che Rodotà fonda il suo ragionamento sul rapporto tra società e democrazia: “Proprio i due paese sconfitti nella seconda guerra mondiale, Italia e Germania, hanno capito che la democrazia procedurale, dopo tutti gli orrori, non bastava più. Da qui il 1° articolo della nostra Costituzione che fonda la nostra democrazia sul lavoro”. I diritti sociali diventano dunque fondamentali, la società immaginata dai nostri costituenti non è fatta solo di individui con le loro prerogative fondamentali, ma anche di corpi e di legami sociali, “come è evidente nell'articolo 2 della Costituzione che si riferisce al diritto delle persone di appartenere a organizzazioni sociali, cioè a partiti e sindacati. Quando Renzi, a proposito della scuola, dice che parlerà solo con genitori, studenti e professori nega uno dei diritti fondamentali della Costituzione. Non si può, insomma, avere una democrazia senza società”.
E tuttavia, oltre alla pressione della finanza e dell'economia, la politica è indebolita proprio dalla mancanza di questa attenzione, “come è evidente – ha attaccato il costituzionalista – quando Renzi si rivolge agli italiani con la sua lavagnetta”. Che la politica ignori i cittadini è evidente da tanti esempi, tra i quali il più clamoroso è quello per il quale “nonostante un referendum del giugno 2011 a cui hanno partecipato 26 milioni di persone, il governo e molte amministrazioni stanno consegnando nelle mani delle multinazionali la gestione del servizio idrico”.
Un'altra questione cruciale è quella che riguarda il progressivo affievolirsi della distinzione tra i poteri, con il Parlamento, ha osservato lo studioso, sempre più ridotto a strumento esecutivo delle decisioni del governo. “Alcuni studiosi – ha osservato Rodotà – hanno osservato che questi processi, non solo italiani, difficilmente sono contrastabili sul piano istituzionale. E' la società, invece, che è in grado di produrre anticorpi. La battaglia combattuta dal mondo della scuola è, in questo caso, emblematica. Renzi si è reso conto che la società esiste e non può essere cancellata".
Rodotà è intervenuto anche sul tema della sentenza della Corte Costituzionali in tema di pensioni, dicendosi d'accordo con il pronunciamento: “La Corte ha ribadito che i diritti sociali delle persone non sono nella libera disponibilità del legislatore e vanno tutelati. Non si possono impunemente violare i diritti sociali. Ora la Corte si dovrà occupare del blocco degli stipendi degli insegnanti. Il governo dice che il costo dello sblocco sarebbe eccessivo, 35 miliardi. Il governo dice che c'è l'obbligo del pareggio di bilancio, ma questa giustificazione non sta in piedi. La legge, infatti, non indica come le risorse per garantire l'equilibrio tra entrate e uscite debba essere garantito. Non ti dice se devi comprare gli F35 o finanziare la cassa in deroga”.
E' proprio quando le risorse sono scarse, ha sottolineato Rodotà, che “il legislatore deve porsi in primo luogo il problema del rispetto dei diritti fondamentali. Vale anche per il finanziamento delle scuole paritarie: solo quando ci sarà carta igienica in tutte le scuole si potrà dare un euro alle scuole private”.
Rodotà ha chiuso il suo intervento, ribadendo che oggi, per la salute della nostra democrazia e della coesione sociale il tema del lavoro è fondamentale: “Non abbiamo ancora i testi definitivi, ma il fatto di voler scardinare le tutele previste dallo Statuto dei lavoratori per il controllo a distanza dei dipendenti è grave. Non è in gioco 'solo' la difesa della privacy, ma la libertà delle persone”. “Bisogna riflettere sul lavoro – ha concluso il suo intervento – non in maniera regressiva. L'articolo 1 della Costituzione è tornato di grande attualità, paradossalmente proprio nel momento in cui la repubblica, con i suoi tre milioni di poveri in più si separa dal lavoro. Quando cadono le garanzie del lavoro cadono, si aprono abissi e voragini ed è ancora una volta la politica ad avere un compito cruciale: tenere insieme democrazia e società”. (S.I)