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“Non c'è dubbio che salario e modello contrattuale siano i temi decisivi della prossima stagione contrattuale. Gettare la palla in tribuna perseguendo la via della moratoria dei contratti, più o meno mascherata, o addirittura di restituire, come pure ci è stato chiesto da Confindustria e Federchimica, salario contrattato, indebolisce il sistema delle relazioni industriali del nostro paese e porta fuori controllo la contrattazione”. Emilio Miceli, segretario generale Filctem Cgil ha a aperto con queste parole i lavori della prima giornata del seminario nazionale sulla contrattazione, promosso appunto dalla Filctem a Roma, al Centro congressi “Frentani”. Una due giorni per affrontare un tema di scottante attualità per il quale è in gioco quel “modello” contrattuale che è stato conosciuto e praticato in tutti questi anni, dal 1993 in poi.
“In ogni caso – ha aggiunto Miceli - il primo obiettivo della nostra organizzazione è rappresentato dalla difesa dei contratti nazionali e dei loro rinnovi. In questo senso abbiamo unitariamente deciso di predisporre da subito le piattaforme contrattuali per rendere chiara la nostra determinazione a rinnovare i contratti”.
"La relazione di Miceli è un contributo utile al prosieguo degli esecutivi unitari, al fine di aprire la stagione contrattuale, presentando le diverse piattaforme in tutti i nostri settori, laddove scadono i contratti - ha invece detto Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec Uil -. E la scelta che facciamo oggi è una scelta forte per le proposte che lanciamo e rappresenta un segnale preciso a Confindustria, che chiede l'applicazione del Testo unico, per quanto riguarda la parte che attiene alla rappresentanza: questo, non può essere preso a pretesto per non rinnovare i contratti. Alle associazioni imprenditoriali diciamo che noi i contratti li vogliamo rinnovare e ci devono rispettare per quello che noi rappresentiamo".
“Siamo in un contesto complesso, verso una riorganizzazione globale del sistema industriale, ma dobbiamo fare scelte importanti per rinnovare i contratti. Così Sergio Gigli, segretario Femca Cisl, nel corso del seminario. “Siamo tutti d’accordo – ha detto – che il ccnl deve salvaguardare il potere d’acquisto dei lavoratori. Poi però dobbiamo capire dove andare ad ‘ancorarci’, dove prendere i parametri che indicano come si salvaguarda questo potere d’acquisto. Sono convinto che tutti i contratti che finora abbiamo rinnovato abbiamo raggiunto questo obiettivo e quindi bisogna fare molta attenzione”.
"Nell'agroalimentare – ha poi affermato Stefani Crogi, segretaria generale della Flai Cgil -, dove rispetto a una dinamica della produttività, c'è anche una dinamica delle piattaforme, con i redditi da lavoro tutti in discesa. Come agiamo, se non attraverso la contrattazione di primo e secondo livello? In quest'ultima, nella nostra categoria, seppure in maniera marginale, abbiamo avuto una splendida contrattazione dal punto di vista salariale, equivalente a più di una mensilità l'anno. Rispetto a un trend che ci dice che usciremo dallo stallo della deflazione e avremo una ripresa dell'export, che, presumibilmente ci porterà a una ripresa economica del Paese, noi la partita del contratto nazionale la dobbiamo giocare per difendere i diritti e i salari dei lavoratori, oltrechè il nostro ruolo, contro un governo che ha deciso di passare oltre i corpi intermedi".
“Il salario minimo, nei 22 paesi in cui esiste, è molto variabile e non è riuscito a risolvere il problema del lavoro povero, persino in Germania, dove i 5 milioni di mini jobs a 450 euro al mese non sono scomparsi. Non c’è dubbio che è comunque importante l’idea di un aggancio a un livello minimo sotto al quale non si può scendere e che in generale in Europa coincide con i minimi contrattuali”. E' quanto ha aggiunto Fulvio Fammoni, presidente dell’Associazione Bruno Trentin nel suo intervento.
“Siamo in un contesto in cui l’idea stessa di contrattazione collettiva, il diritto delle persone a organizzarsi per contrattare salario e organizzazione del lavoro, è messo in discussione, anche con provvedimenti legislativi. Per me è una novità”. Così Maurizio Landini, segretario generale della Fiom Cgil, nel corso del seminario. “Non si tratta solo del famoso articolo 8, degli accordi separati e delle grandi aziende che sono ‘uscite’ dalla contrattazione collettiva – ha aggiunto –, ma delle novità che porta il Jobs Act. Personalmente io un’esperienza sindacale che in prospettiva debba fare i conti col fatto che delegati e lavoratori non abbiano più le tutele garantite dallo Statuto dei lavoratori non l’ho mai fatta e non so cosa potrebbe significare. E la partita non è ancora finita. Perché incombe il tema del salario minimo orario, contenuto nella delega e che prevede, per la sua realizzazione, non di coinvolgere ma solo di ascoltare le organizzazioni sindacali”.
“Su un punto siamo tutti d'accordo: sull'analisi della situazione. Siamo in un momento in cui svolgere il mestiere della rappresentanza è molto complicato, forse lo è come non non è mai stato. Facciamo anche i conti con una crisi mai così grave, e nessuno può dirlo più di me, che mi occupo di edilizia, in comparto ormai flagellato. Per uscirne, però, dobbiamo partire dal un progetto”, ha invece detto Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil.
Le conclusioni dei lavori della prima giornata sono spettate a Franco Martini, segretario confederale Cgil. "È ovvio - ha detto Martini - che la contrattazione diventa un argomento sterile, se discutiamo in una stagione contrattuale condizionata da una crisi profonda e non mettiamo in campo il tema dominante, ovvero come produrre ricchezza. Perciò, la Cgil deve mettere in campo una grande iniziativa sulla contrattazione, ma dobbiamo sfidare istituzioni, governo e imprese su alcune scelte di priorità e orientare lì gli investimenti: che Paese vogliamo in termini di sviluppo? Dobbiamo sapere che se non arriva l'innovazione, noi manchiamo l'aggancio alla ripresa e all'economia dell'Unione europea. Se questo è il problema, come produrre ricchezza, la contrattazione diventa un impedimento o una risorsa? E un moderno sistema di relazioni è un impedimento o una leva per favorire la crescita? Una moderna contrattazione e un moderno sistema di relazioni è senza dubbio un vantaggio per il Paese e per lo sviluppo. Ma se questo è vero, allora il fattore lavoro è una risorsa pricncipale per l'impresa. Questo è il primo punto, l'Italia deve tornare a crescere e la contrattazione è la leva su cui agire".