Non ci fermeremo oggi. Se nella legge di stabilità non si troveranno risorse per rinnovare in modo dignitoso i contratti, andremo avanti. Così Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, dal palco di piazza Venezia, ha concluso la manifestazione del 28 novembre per il rinnovo dei contratti pubblici. “Si guardi a questa piazza – ha detto rivolgendosi al governo - e la si smetta di umiliare i lavoratori pubblici e di non riconoscere il loro lavoro: un impegno quotidiano che garantisce i servizi e la qualità della vita dei cittadini di questo paese”.
“Proprio in questi giorni bui – ha scandito la sindacalista – rivolgiamo il nostro pensiero ai familiari e alle vittime degli attacchi terroristici, ma anche a tutti i lavoratori delle forze dell'ordine, ai vigili del fuoco, alla polizia municipale che tutti i giorni garantiscono la sicurezza delle persone”.
Camusso ha criticato il decisionismo muscolare del governo, che parla di modernizzazione e innovazione, ma rifiuta qualsiasi confronto con quei lavoratori “che hanno professionalità coltivate negli anni, conoscono bene il loro mestiere e che vanno ascoltati per capire come davvero si può innovare la pubblica amministrazione”.
E invece il governo va avanti sulla sua strada, si rifiuta di sedere ai tavoli contrattuali e “continua a bloccare il turn-over: e come si fa a innovare se si continuano a tenere fuori dagli uffici, dalle scuole e dalle università i giovani?”. Anche per questo motivo bisogna cambiare la legge Fornero, “una legge sbagliata e ingiusta”. Serve, infatti, un sistema più equo, “che permetta a chi non ce la fa più di lasciare il lavoro e ai giovani di inserirsi”, ha scandito Camusso dal palco.
Duro, in particolare, il giudizio sul ministro Madia: “I cittadini non sono mai al centro delle politiche che si stanno facendo. Da un po' di tempo Madia pronuncia una sola frase: bisogna fare provvedimenti sui licenziamenti. Ma le norme per colpire coloro che hanno comportamenti illeciti ci sono, solo che non vengono applicate dai responsabili perché non fanno loro comodo”.
Insomma, per il leader della Cgil, il governo fa propaganda e non si siede ai tavoli per cercare di risolvere concretamente i problemi. Vale per tutti i comparti: le Province (“dopo tre leggi e una riforma costituzionale, più una grande quantità di decreti, non sappiamo ancora qual è il destino dei lavoratori interessati”), la sanità (“si dice che non ci sono medici e infermieri, ma si bloccano le assunzioni”) la scuola dove il problema dei precari non è stato affatto risolto come promesso.
L'unico vero tema al centro deve essere quello della qualità del lavoro, che tiene insieme diritti dei lavoratori e necessità dei cittadini che si rivolgono ai servizi. “E noi – ha ribadito – non conosciamo nessun altro strumento per affrontare questi nodi che non sia il contatto di lavoro. Perché il Ccnl non significa solo aumento della retribuzione, anche se troviamo insultanti le cifre in legge di stabilità, ma anche ricostruire una condizione positiva del lavoro, le sue regole e la certezza della sua organizzazione”.
E su contrattazione e rinnovo dei contratti il sindacato non intende aspettare ancora: “Basta con l'idea che i contratti si possano non fare – ha concluso Camusso -. Su questo punto saremo ovunque, nei luoghi di lavoro, una goccia quotidiana. E non ci fermeremo: noi vogliamo che il prossimo appuntamento sia ai tavoli contrattuali, ma se non sarà così di appuntamenti come questo di oggi ce ne saranno altri”.
Barbagallo: la prossima manifestazione non sarà di sabato
“Se non si rinnova il contratto subito, la prossima manifestazione non sarà di sabato”. Lo ha detto il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, parlando dal palco. “Abbiamo meno dipendenti pubblici della media europea e i salari più bassi della media – ha aggiunto -. La produttività non significa sfruttamento dei lavoratori, ma innovazione e ricerca”. Il governo “è il peggiore datore di lavoro: è ora di smetterla e rinnovare il contratto. La Corte Costituzionale ha dato indicazioni precise: noi chiediamo un aumento di 150 euro, bisogna mettere mano alla Legge di stabilità”. La scuola “non si può riformare sulla pelle degli insegnanti e degli altri lavoratori: altro che ‘buona scuola’, è un’involuzione democratica del nostro Paese”.
Furlan: governo offre 5 euro, si vergogni
L’esecutivo ha “un atteggiamento incomprensibile”. Così il segretario generale della Cisl, Anna Maria Furlan: “Offrire 5 euro per i rinnovi è poco dignitoso per i lavoratori e per lo Stato. Il governo si vergogni: si trovino le risorse, i dipendenti pubblici ci hanno rimesso troppi euro”. “C’è voluta la Consulta per dire che il contratto è un diritto, ma il governo fa ancora finta di non sentire. Serve una contrattazione che organizzi il lavoro, mettendo al centro la professionalità delle persone, i loro diritti e voglia di partecipare. E poi ci sono la sanità, scuola, università e ricerca che vengono colpite da tagli continui senza creare condizioni di crescita. Tutti questi settori vengono indeboliti a ogni manovra di bilancio”. Sulle prossime mosse: “Spero che la manifestazione di oggi basti, che Renzi ci ascolti e sblocchi il tavolo – ha affermato -, ma se così non fosse andremo avanti con forme di mobilitazione adeguate”.
LA GIORNATA
C'è stata grande partecipazione a Roma al corteo dei lavoratori pubblici. La protesta ha preso il via con il concentramento a piazza della Repubblica, a partire da mezzogiorno. La manifestazione si è poi mossa verso piazza dei Cinquecento, via Cavour, via dei Fori Imperiali, piazza Madonna di Loreto. "Pubblico6Tu, ContrattoSubito", questo lo slogan della protesta: migliaia di lavoratori e lavoratrici di tutti i settori pubblici hanno sfilato per le strade della capitale, per chiedere il rinnovo del contratto nazionale scaduto da oltre sei anni.
Un corteo lungo e colorato ha attraversato il centro. Tanti gli striscioni presenti, con i dipendenti pubblici che chiedono dignità per il loro lavoro. La coda doveva ancora partire, quando la testa era già vicina al punto d'arrivo.
Una piazza per il contratto, ma anche contro il terrorismo. All'inizio del corteo una banda di manifestanti ha intonato la Marsigliese, in omaggio ai morti di Parigi.
L'obiettivo della mobilitazione, hanno spiegato Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uil Pa, è “lanciare un messaggio al governo: se davvero vuol cambiare il paese non può lasciare i settori e servizi pubblici a un destino di abbandono. Una tendenza da invertire attraverso il contratto e non con le imposizioni legislative: la sola via per un cambiamento vero che investa su professionalità e competenze e che migliori i servizi ai cittadini”.
"Vogliamo un contratto che aumenti il salario. La mancia che il governo intende darci è lontana da quei 150 euro al mese che noi chiediamo se consideriamo che in questi sei anni i lavoratori hanno perso 4.800 euro". Lo ha detto, a margine del corteo, il segretario generale della Fp Cgil, Rossana Dettori.
All'arrivo i manifestanti hanno osservato un minuto di silenzio per le vittime del terrorismo.
Dal palco è arrivato un forte messaggio al governo: i servizi pubblici portano avanti il Paese, a questi lavoratori va riservata la giusta attenzione.
LE VOCI DAL CORTEO
Tante voci arrivano dalla manifestazione, storie di singoli lavoratori. “Siamo in piazza per ricordare a tutti che sono sette anni che siamo senza contratto, e per dire no alle scelte del governo. Per farci sentire”. A dirlo lungo il corteo è Marco Zatini, Rsu della Fp Cgil per la Provincia di Firenze.
“La riforma delle Province voluta dal governo la pagheranno i cittadini - continua Zatini dallo spezzone del corteo composto dai lavoratori delle Province -. Da noi a Firenze, ad esempio, si è costituita la città metropolitana, e noi vogliamo ribadire il ruolo del lavoro pubblico e dei servizi, che devono essere valorizzati e non sminuiti come sta succedendo adesso. Si vuole risparmiare, ma lo si fa sui servizi pubblici e sulla pelle dei lavoratori. Noi da Roma vogliamo gridare che i dipendenti pubblici sono al servizio dei cittadini, e che il nostro il lavoro deve essere valorizzato. Quello che ci sta succedendo nelle buste paga è esattamente il contrario”.
“Il lavoro che svolgiamo - conclude Zatini - molto spesso non è conosciuto - conclude - e non lo conosce nemmeno chi amministra la cosa pubblica, nel governo come nelle amministrazioni locali. Anche per questo siamo qui, per farci conoscere e dire la nostra”.
“Sondrio è una delle 23 prefetture che la riforma vuole chiusa. Ci vogliono accorpare con quella di Bergamo. Si badi bene, non con Lecco che è più vicino, ma con Bergamo. Evidentemente questa è una riforma fatta a tavolino, ma guardando una cartina politica, non fisica. In auto, per arrivare da Lecco a Bergamo bisogna fare 122 chilometri di strada di montagna, mentre col treno, per arrivare alle 9 bisogna partire alle 5 e mezza”. E' la testimonianza di Serenella Pansoni, Rsu dello Prefettura di Sondrio, una delle migliaia di lavoratori pubblici che hanno sfilato.
“Ma non è solamente un problema del personale - continua - lo è anche per i cittadini. Il nostro è un territorio esteso che si allunga verso le montagne. Partire da un paese come Livigno e arrivare a Bergamo per ritirare una patente, ad esempio, sarebbe pura follia. E lo stesso discorso si può fare per gli interventi della protezione civile. Per questo siamo in piena mobilitazione, siamo riusciti a coinvolgere l'intera comunità del territorio nella nostra lotta, e continueremo a fare il possibile per i lavoratori e per i nostri cittadini”.
Per questo Pansoni è a Roma, in piazza, “per dire no a queste follie, ma anche per chiedere i rinnovo del contratto e dignità per il lavoro pubblico”. “Lavoro da più di trent'anni nell'amministrazione pubblica - conclude - anche con un certo senso di appartenenza. E credo di aver sempre fornito un buon servizio, di cui anche i cittadini mi rendono conto. Oggi, però, il lavoratore pubblico è spesso visto come un peso. Dobbiamo dirlo forte che non è così. Esigiamo dignità”.
Il nostro problema principale riguarda le difficili condizioni di lavoro”, dice Federico Ciani, poliziotto e delegato Silp di Siena. “Spesso – aggiunge - siamo impossibilitati a rispondere nel migliore dei modi alle richieste di sicurezza che arrivano dai cittadini, per la mancanza di risorse umane, siamo in 170 appena, e di mezzi a disposizione. Abbiamo volanti con oltre 200.000 chilometri e tante ferme ai box perché non sono nemmeno in grado di circolare”. In queste condizioni, racconta Ciani, anche la formazione che si fa per i giovani viene sprecate: “Tanti di essi vengono continuamente spostatati per tappare buchi e carenze”.
Beatrice Pellegrini insegna da trent'anni in un istituto tecnico superiore di Verona. “Sono qui in piazza – racconta – per chiedere il rinnovo del contratto pubblico e la valorizzazione del nostro lavoro”. La “buona scuola”, continua la delegata Flc, “è stata deleteria per il mio settore, soprattutto per gli aspetti che riguardano la partecipazione e la condivisione delle scelte nella vita scolastica e per la totale sottovalutazione della funzione del personale Ata, fondamentale per il funzionamento delle scuole, ma che è diventato praticamente invisibile”. Il mio istituto, continua, “soffre di carenze di ogni tipo: formazione del personale, laboratori obsoleti, non c'è un progetto, un piano. Anche le assunzioni dei precari, che sono positive, alla fine sono state distribuite a pioggia senza un progetto o un'idea che aiuti a migliorare il sistema”. “Siamo – ha concluso – nel momento clou del decadimento della qualità didattica del nostro paese”.
“La carenza piu grave è quella del personale – spiega sfilando nel corteo Massimiliano Frezzi, infermiere al San Camillo di Roma dal 2004 -. Non c'è stato nessun turn-over rispetto ai pensionamenti: nei servizi di assistenza H24 siamo sotto organico di 200 unità su 800. Facciamo turni massacranti di 14 ore e fino a 17 per il turno di notte”. Il problema si aggraverà con l'entratta in vigore delle regole europee sugli orari di lavoro e riposo del personale sanitario: “Le Regioni – dice Frezzi - non hanno fatto nulla in termini di riorganizzazione dei servizi aspettando una deroga ulteiore che non è arrivata. Con le nuove regole le 'lunghe' non si possono più fare, e questo creeerà grandi disagi all'ospedale e soprattutto ai cittadini”. La situazione, conclude l'infermiere, “è aggravata dalla considerevole età media del personale. Al San Camillo è di 55 anni e i più giovani, che sono pochissimi, hanno 35 anni”.
A cura di Emanuele Di Nicola, Roberto Greco, Stefano Iucci e Carlo Ruggiero