Nonostante la crisi la Germania è la sola nazione che sta attraversando un momento positivo. La produzione è a pieno regime così come le esportazioni e di conseguenza l’occupazione, il benessere sociale e in generale tutto l’welfare. La Germania è cioè vista come un riferimento dalle maggiori economie del mondo, Italia inclusa naturalmente. Ma perché la leggendaria locomotiva tedesca funziona? La risposta sta tutta nella attenta condotta del sistema paese che si basa su tre cardini fondamentali.
Il primo è la ricerca tecnologica storicamente radicata in un sistema produttivo basato su aziende medio grandi fortemente coagulate attorno a prodotti di qualità e di alta gamma, a processi moderni, a lavoratori produttivi, preparati e flessibili, ad una pubblica amministrazione efficiente. A ben guardare è l’esatto opposto della realtà del nostro paese dove aziende medio piccole producono beni prevalentemente di bassa gamma, indifferenziati, talvolta anche di bassa qualità, nella totale assenza di ricerca e con un’efficienza del lavoro fra le più basse d’Europa. E’ facile capire quindi come in queste condizioni siamo di fatto succubi della concorrenza, come la competizione sia sul prezzo e non sulle prestazioni del prodotto e come i salari debbano necessariamente essere compressi per poter competere, altrimenti meglio de localizzare, come “Fiat docet”.
Il secondo punto è il rigore di bilancio. Da parecchi anni la Germania presta una maniacale attenzione ad utilizzare le finanze pubbliche in maniera oculata e proporzionale alle possibilità, con religiosa attenzione alla spesa tanto da rimodulare le prestazioni dello stato sociale secondo questi dettami. Tanto per capirci le pensioni, giusto per fare un esempio, vengono erogate a 65 anni ormai da tempo, non esiste alcuna pensione di anzianità e se si volesse fare un impietoso confronto con il nostro paese si pensi che da loro, dice Eurispes, il tasso di occupazione dei lavoratori di età compresa fra i 55 e 65 anni è del 56%. Da noi la stessa percentuale crolla al 36%. Ci sono cioè più pensionati che lavoratori, una larga maggioranza dei quali non si è neppure guadagnato la pensione che percepisce. Lo scempio della finanza pubblica ci ha portato negli anni ad accumulare un debito pubblico pari al 120% del PIL, come ormai tutti abbiamo tristemente imparato, contro l’80% della Germania.
Ma è la fondamentale onestà dei cittadini a fare la differenza, è un civile senso del dovere e dello stato, è il pensiero che ogni individuo ha nel porre nella “cosa comune” il massimo rispetto. Deutschland über alles significa che la collettività è prima di tutto, che non è il solito “furbetto del quartierino” a farla da padrone. L’assenteismo dei lavoratori nell’industria è la metà del nostro, per non parlare di quello della pubblica amministrazione, e questo non certo perché i tedeschi sono tutti più sani. La corruzione è quasi assente mentre da noi è il pane quotidiano, ci ha recentemente ricordato la corte dei conti, caso mai ce ne fosse bisogno. Nonostante la pressione fiscale sia del tutto paragonabile alla nostra, stime ufficiose dicono che l’evasione in Germania sia circa un decimo che in Italia. Ma non è finita qui. Le parole “discarica abusiva” non esistono nel vocabolario tedesco, e anzi, udite udite, i cittadini non buttano neppure la carta per terra, tanto meno i mozziconi di sigaretta. Ma se parlare di mafia, evasione fiscale o falsi invalidi è fin troppo semplice, ci si può cimentare anche in altre peculiarità che cottraddistinguono il bel paese, oltre la pizza e l'espresso. Il lavoro nero, l'abusivismo edilizio, le truffe alle assicurazioni o all'INPS sui medicianali o per i ricoveri sanitari, giusto per fare qualche esempio di saccheggio delle risorse pubbliche. Ma la cosa peggiore è che tutto ciò non è neppure percepito come una ruberia da parte dei cittadini, anzi molto spesso viene visto come una giusta e sacrosanta difesa contro lo stato tiranno.
Dobbiamo in definitiva prendere atto che il nostro paese è attraversato da un malaffare diffuso e capillare che coinvolge tutta la società, dal politico all’idraulico, dai medici ai notai, muratori, gioiellieri o carrozzieri. Un costo enorme scaricato sulla collettività. Mi chiedo quindi come potrà mai funzionare una società che è semplicemente una somma di individui e non sistema, tanto meno una comunità. Purtroppo credo in questo abbia ragione Beppe Severgnini quando dice che in Italia siamo tutti bravissimi ad indignarci, a pretendere dallo stato prestazioni da paese del nord Europa ma, siamo altrettanto bravi ad avere verso lo stato comportamenti da paese del nord Africa. Ma non sarà per caso che da noi il solito Arlecchino ha capovolto l’antica massima e oggi “facciamo agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi ?”.
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