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L’assemblea nazionale delle delegate e dei delegati del settore gas acqua, nel sostenere convintamente lo sciopero del prossimo 17 dicembre sulle norme in materia approvate, o in corso di approvazione, che andranno a ricadere sul futuro di circa 70mila lavoratori, "danno mandato alle segreterie nazionali di intraprendere ogni iniziativa volta a scongiurare la definizione di norme che impatterebbero pesantemente sull’occupazione in questi settori". È quanto si legge in una nota di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil.
In particolare, le norme menzionate riguardano direttamente il settore Gas-acqua: si tratta dell’art.177, comma 1, del “Codice degli Appalti” (D.Lgs. 50/2016), che stabilisce che i titolari di concessioni (per le aziende del Gas e dell’Elettrico), già in essere al 18 aprile del 2016, e che abbiano ricevuto l'affidamento "senza gara", dovranno affidare una quota pari all'80% dei propri contratti relativi alle concessioni (interessati 28.000 addetti circa nel territorio nazionale), di importo pari o superiore a 150.000 euro, mediante procedura di evidenza pubblica, mentre per il restante 20% potranno ricorrere a controllate/collegate.
L’assemblea dei delegati, "nel ricordare come la nostra Costituzione ribadisca che l’acqua sia un bene pubblico e il suo utilizzo sia a carattere universale, confuta le ragioni della riforma "Daga"(Pdl AC. 52 e AC.773). Una riforma, questa, che comporta la revisione totale dell’architettura normativa e che scardina gli attuali assetti societari nella gestione del servizio idrico nazionale, già fortemente caratterizzato da una presenza pubblica attraverso l’intervento diretto e partecipativo delle amministrazioni locali e dei sindaci".
La riforma, inoltre, "non interviene compiutamente per superare le note emergenze idriche e l’inefficiente depurazione delle acque; trasferisce i compiti oggi affidati all’Autorità indipendente ad una commissione da istituire presso il ministero dell’Ambiente; modifica quanto previsto dalla Legge Galli del 1994 che organizzava il servizio idrico".
Così facendo, per i delegati, "si rischia un blocco degli investimenti, circa 2,5 miliardi di euro, il rallentamento della crescita del PIL, con una ricaduta che impatterà su circa 40.000 addetti nel settore per i quali non è prevista nessuna tutela occupazionale. Inoltre, la riforma determinerebbe per la gestione del servizio un aumento dei costi gestionali che ricadrebbero sulla fiscalità generale. Questo provvedimento, infine, favorisce le aziende private che partecipano alla gestione del servizio idrico compensandole a peso d’oro per il riacquisto delle loro quote di proprietà. I cittadini e i lavoratori saranno, ancora una volta, gli unici a pagare il prezzo di questa involuzione normativa", conclude.