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Quale idea di Europa per il futuro? Come uscire dalla crisi di credibilità e resistere alle spinte antieuropeiste che investono il vecchio continente? Quale strada intraprendere per istituzioni comunitarie che siano meno lontane dai cittadini? A queste non certo semplici domande ha cercato di rispondere l’incontro che si è svolto a Lecce nell'ambito delle Giornate del lavoro della Cgil dal titolo “Democrazia è di nuovo Europa”.
Ora per molti non è più così, ma la parola Europa un tempo evocava un sogno. “E io ancora sogno l’Europa - ha detto il ministro per gli Affari europei Paolo Savona -. L’errore è stato commesso quando l’Italia fu costretta a firmare il trattato di Maastricht senza puntare all’opting out (clausola di esenzione ndr) come fece l’Inghilterra. Il fatto è che dovevamo prima preparare il Paese per poi entrare nei vincoli di una moneta”.
Il ministro ha recentemente inviato a Bruxelles il cosiddetto “Piano Savona” per l'Europa, un documento di 30 pagine che si intitola "Una politeia per un'Europa diversa, più forte e più equa”. “In quel testo - ha affermato - è chiaro che non vogliamo decidere se stare o meno nell’euro, il problema è come starci. L’altro grave errore fatto dall’Europa è stato decidere che il regolamento del mercato e la moneta unica sarebbero stati nei poteri dell’Unione, mentre la politica fiscale sarebbe rimasta nei poteri dei singoli Stati, ma condizionata da parametri stringenti”. Quello, per Savona, è stato “il momento di rottura”. Questa mancata politica fiscale “crea problemi difficili da risolvere”, ma “noi dobbiamo risolverli, anche se nei trattati europei mancano gli strumenti per raggiungere gli obiettivi”.
Il problema di una mancata politica fiscale unitaria, è stato confermato anche da Innocenzo Cipolletta, presidente Assonime. “ Io non sono un fanatico delle grandi architetture - ha detto -, e ho sempre pensato che l’Europa dovesse andare avanti per strappi, confidando che la politica avrebbe trovato di volta in volta le soluzioni per andare avanti. E così è successo”. Per Cipolletta, infatti, l’Unione è mancata soprattutto con la crisi del 2008. “In quell’occasione, avremmo dovuto fare una politica fiscale espansiva, come hanno fatto gli Stati Uniti. Invece abbiamo accettato dei disavanzi enormi e poi è arrivata la mazzata della Grecia. L’Europa che io sogno deve puntare sulla domanda interna, invece che sulla competitività". Questo, a detta dell’ex direttore generale di Confindustria, "significa abbassare salari, tassi e contributi sociali, esportando di più, ma deprimendo la domanda interna". La Germania è un caso esemplare: “Non cresce ed esporta moltissimo. La stessa cosa sta succedendo in Italia e Francia. L’Europa deve ribaltare questa impostazione, puntando su investimenti e consumi interni, partendo dalle infrastrutture”. In questo modo, ha concluso, “potremo avere dei cittadini che tornino a credere nel sogno europeo, non solo costretti a tirare la cinghia”.
Un approccio diverso è anche quello che chiede la Cgil. “Serve una sorta di ribaltamento delle prospettive - ha confermato la segretaria confederale Gianna Fracassi -. Per questo il documento del ministro Savona è largamente condivisibile, soprattutto quando si parla del ritorno all’economia della conoscenza, con investimenti in ricerca che devono esser scorporati dai calcoli dei parametri”. Le politiche degli ultimi anni hanno invece tradito il sogno europeo, “minando le basi sociali di condivisione dell’Unione”. “In piena crisi – ha continuato Fracassi – queste scelte hanno aumentato le disuguaglianze, soprattutto nel Sud Europa. Nonostante ciò, si è proseguito con interventi dagli effetti deflattivi che oggi determinano una condizione drammatica. Non si è tenuto conto dei bisogni delle persone e dell’esigenza di politiche che potessero rispondere a questi bisogni”. Per questo oggi l’Europa è percepita come lontana. Soprattutto in Italia, che è stata spesso “più realista del re”, applicando politiche neoliberiste non sempre richieste, “come nel caso del fiscal compact”.
Oggi, anche solo parlare di Europa è difficile. Anche perché è stata spesso “usata come capro espiatorio per le scelte dei governi. È questa la grave responsabilità della classe politica di questo Paese. I sovranismi e le spinte xenofobe che attraversano il continente sono il frutto avvelenato di queste scelte”. Per dare forza all’utopia europea, ha concluso Fracassi, “bisogna ripartire da discussioni come queste. Anche se nel governo ci sono posizioni molto diverse da quelle espresse da Savona. Io spero che prevalga il dialogo e non l’esigenza di una campagna elettorale permanente”.