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“Una pesante carenza di personale, che si associa a strutture fatiscenti e alla mancanza di strumenti adeguati di supporto alla vigilanza. Quanto accaduto a Rebibbia (la fuga di due detenuti ndr) non ci sorprende”. Ad affermarlo è il segretario nazionale della Fp Cgil, Salvatore Chiaramonte, che spiega: “È frutto di una sottovalutazione dello stato delle cose che denunciamo da tempo, per arrivare alla scorsa settimana quando, in una visita al carcere di Rebibbia, abbiamo realizzato un video reportage sulle condizioni difficili del lavoro del poliziotto penitenziario. Basta guardarlo per capire che quanto accaduto ieri non è frutto del caso, ma di una serie di condizioni che lo hanno reso possibile”.
Per stare solo sul carcere di Rebibbia, infatti, aggiunge il dirigente sindacale, “dei 992 poliziotti penitenziari necessari, ne risultano presenti 930. Ma non è tutto. Di questi risultano essere distaccati 180 agenti, di cui gran parte negli uffici amministrativi, occupati in compiti che potrebbero essere assolti da altri lavoratori pubblici. Il tutto quindi per un totale a Rebibbia di soli 750 poliziotti penitenziari. Si determinano così situazioni dove, su 1.400 detenuti presenti, spesso un solo agente si trova a vigilare addirittura 170 persone, attraverso una modalità spacciata per 'vigilanza dinamica'”. Per queste ragioni, osserva Chiaramonte, “alla luce di questi numeri, nonché dell'evasione di ieri, pretendiamo che l'amministrazione rimandi nell'istituto di Roma, ma non solo, gli agenti penitenziari distaccati negli uffici amministrativi”.
“Inoltre - prosegue -, vale la pena sottolineare che per la manutenzione degli istituti viene stanziato ogni anno un decimo del necessario: soltanto 4 milioni dei 40 necessari. A Rebibbia, come denunciamo nel nostro reportage, vengono stanziati ogni anno 24 mila euro, che a malapena bastano per mettere toppe a una struttura in disfacimento. Per non parlare infine - continua - della assoluta carenza di strumentazioni tecnologiche di supporto al lavoro di vigilanza dei poliziotti penitenziari. Questa vicenda riporta all'attenzione le falle di un sistema, coperte in questi anni dal lavoro dei poliziotti penitenziari che hanno garantito ciò che nei fatti è impossibile, la sicurezza dei cittadini. È ora di intervenire”, conclude Chiaramonte.