Carbonia-Iglesias perde la maglia nera tra le 110 province italiane nella classifica stilata ogni anno dall’Istat e basata sul Prodotto interno lordo fatturato nell’anno precedente. Il record in negativo si sposta soltanto di alcuni chilometri, al confine, e se lo aggiudicano i “cugini” del Medio Campidano, una volta Guspinese, che assieme all’Iglesiente nel secolo scorso era una delle aree più industrializzate d’Italia.
Oggi la disoccupazione, la povertà e la miseria albergano in questi territori. Il Sulcis Iglesiente però non potrà consolarsi per il pur minimo passo in avanti realizzato (il 109° posto nella classifica Istat, del resto, non è certamente un risultato di qui fregiarsi). Nell’area sud-occidentale sarda, il Pil per abitante sfiora i 15.000 euro, del 60 per cento più basso rispetto alle province più ricche del Nord del paese (Bolzano e Milano).
Eppure i soldi ci sono, quella di Carbonia Iglesias è tra le realtà territoriali sarde quella che ha speso meno le risorse derivanti dai fondi Por e Fesr (cofinanziamenti regionali e comunitari), circa 93 milioni di euro – il 65 per cento dei fondi assegnati – che avrebbero dovuto finanziare oltre 150 progetti che enti locali, imprese e istituti scolastici hanno presentato.
Quei progetti, se realizzati, avrebbero interessato settori importanti per la vita e lo sviluppo dell’area; gli stessi settori che ormai da anni generano arretratezza e a cui puntualmente, e a intervalli regolari, vengono assegnate altre “maglie nere”. Ambiente, trasporti, infrastrutture, rinnovamento rurale, prevenzione idrogeologica, sono soltanto alcuni tra i più importanti.
I dati sul lavoro sono allarmanti. Il record negativo in fatto di occupazione giovanile e femminile rimane stabile, i dati sono sempre lontanissimi dalle medie nazionali: lavora solamente il 22 per cento delle donne e il 42 dei giovani tra i 25 e i 34 anni. Un dato ancora più preoccupante se lo si legge in riferimento alla densità demografica.
Non solo. Altrettanto interessante è confrontare le incidenze su altri fattori indagati per stilare la graduatoria: ordine pubblico, disagio giovanile, tenore di vita, tempo libero. Se fin dai primi anni del secolo scorso l’area sud-occidentale dell’isola (comprendendo anche l’attuale maglia nera, il Medio Campidano) era stata interessata da notevoli e importanti fenomeni migratori in entrata, per soddisfare la forte richiesta di manodopera – specializzata e non – per il settore minerario estrattivo, oggi a segnalarsi è il fenomeno inverso.
I giovani, con o senza titolo di studio, lasciano la provincia per cercare lavoro nel resto d’Italia o all’estero. I numeri sono da brivido e per alcuni centri dell’area Carbonia-Iglesias si prevede nel giro di pochi decenni, se il trend non verrà arginato, un possibile spopolamento, già peraltro in atto nei mesi invernali.
Non più fanalino di coda nella classifica delle province con la migliore qualità della vita, Carbonia Iglesias una poco onorevole maglia nera l’ha comunque ottenuta, quella per i finanziamenti più paradossali. Chiusa di fatto, per decisione dell’Unione europea, della giunta sarda e della comunità locale, la miniera di carbone di Nuraxi Figus della Carbosulcis, contemporaneamente la stessa Regione ha deciso di bandire una gara per realizzare una centrale termoelettrica a carbone (non locale) che avrà assicurato un incentivo di 30 euro per Mwh prodotto. Questa maglia nera – più nera del carbone – rimarrà indelebile negli anni.
Quella maglia nera, più nera del carbone
All’area sud-occidentale sarda il record negativo in fatto di occupazione giovanile e femminile. Povertà e miseria la fanno da padrone. E a complicare le cose, la Regione chiude Nuraxi Figus e decide di bandire una strana gara
20 febbraio 2015 • 00:00