“Il provvedimento che pone un tetto alle retribuzioni dei top manager della pubblica amministrazione è positivo. Ora il governo non corra dietro alle pressioni perché si modifichi il decreto, al contrario, lo estenda alle società pubbliche”. È quanto afferma Michele Gentile, responsabile del dipartimento settori pubblici della Cgil nazionale, in merito a quanto stabilito dallo schema di decreto del presidente del Consiglio, inviato ai presidenti di Camera e Senato.

Il limite posto alle retribuzioni complessive della dirigenza e delle alte cariche pubbliche, osserva il sindacalista, “segna una prima forte discontinuità rispetto al governo Berlusconi nell’intervento verso le pubbliche amministrazioni. Si tratta di una misura di equità in base alla quale chi predica il rigore per gli altri lo applica innanzitutto a se stesso. A scanso di equivoci, si tratta pur sempre di un tetto per chi guadagna 300 mila euro annui”.

Gentile si augura che altri provvedimenti seguano “a partire dal disboscare la giungla dei doppi e tripli incarichi, dal rimuovere le misure sbagliate che riguardano la dirigenza pubblica contenute nel decreto liberalizzazioni, fatte per far conservare l’incarico a qualche alta carica pubblica chiamata a ricoprire funzioni politiche”. Così come, prosegue, “vanno affrontate le tante questioni che riguardano il lavoro pubblico, per far ripartire una nuova stagione contrattuale e nuove relazioni sindacali. Una vera politica di discontinuità consiste nell’aprire porte e finestre nelle amministrazioni pubbliche, diradando quelle nebbie che spesso avvolgono scelte sbagliate, inique e rivolte a pochi”.