Uffici chiusi, adesioni molte alte, migliaia di lavoratori in piazza. È stato un successo lo sciopero dei dipendenti pubblici che oggi (mercoledì 25 maggio) ha riguardato Lazio, Campania, Umbria e Friuli Venezia Giulia. Continua così la mobilitazione territoriale dei lavoratori e delle lavoratrici dei servizi pubblici che chiedono il loro #ContrattoSubito, a sette anni dalla scadenza naturale. Una mobilitazione che lega idealmente tutta la penisola. Ieri l'Emilia Romagna, con la grande manifestazione di Bologna, oggi, appunto,le manifestazioni a Roma, Napoli, Perugia e Trieste. Domani toccherà a Liguria e Veneto. Una “tre giorni” di scioperi e iniziative con un obiettivo preciso: ottenere il “sacrosanto” diritto al rinnovo, negato per legge dal 2010. Ma il rinnovo, dicono i sindacati, dovrà essere però per tutti. Precisazione d'obbligo, questa, dopo le indiscrezioni, confermate dalla stessa ministra della Pubblica amministrazione Marianna Madia, di ipotesi allo studio da parte del governo di un rinnovo dei contratti solo per alcune categorie di lavoratori – in ragione del reddito – e non per tutti.
 


Partita ai primi di aprile con lo sciopero della Lombardia, la mobilitazione, cresciuta con centinaia di assemblee in tutti i luoghi di lavoro, ha attraverso tutto il Paese, regione per regione, con scioperi e manifestazioni che hanno portato in piazza migliaia e migliaia di lavoratrici e lavoratori dei servizi di pubblica utilità.

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Umbria
Ci sono i lavoratori della polizia provinciale, le educatrici degli asili nido, gli addetti della sanità pubblica e privata, del terzo settore, quelli del Corpo Forestale dello Stato, i precari dei centri per l’impiego, i lavoratori di ministeri, agenzie fiscali, ex comunità montane e tante altre categorie di quel grande universo che racchiude il lavoro dei servizi pubblici. Tutti in piazza a Perugia, in occasione dello sciopero generale proclamato da Fp Cgil, Fp Cisl, Uil Fpl e Uilpa, per chiedere il #ContrattoSubito per tutti.

In centinaia – oltre ai lavoratori anche rappresentanti degli studenti, comitati dei genitori e dei cittadini in difesa del Corpo Forestale - hanno sfilato da piazza Italia a piazza della Repubblica dove dal palco si sono alternate le voci delle tante realtà coinvolte dallo sciopero, tutte unite da una richiesta precisa: ottenere il proprio contratto, senza distinzioni, difendendo il grande patrimonio che i servizi pubblici rappresentano in Italia e in Umbria. “Sblocchiamo il futuro”: questo il messaggio lanciato dalla piazza di Perugia, un futuro che non può portare allo “smantellamento dei servizi pubblici”, che invece si sta realizzando in Italia e in Umbria.

“Oggi qui a Perugia i lavoratori dei servizi pubblici mandano un messaggio chiaro al governo: noi non ci stiamo allo smantellamento dei servizi pubblici" ha detto nel suo intervento conclusivo Rossana Dettori, segretaria generale della Fp Cgil nazionale. "Non ci stiamo - ha aggiunto - alla militarizzazione del Corpo Forestale dello Stato, alla chiusura delle Camere di commercio, non ci stiamo alle privatizzazioni che cancellano spazi pubblici in sanità. Non ci stiamo all’attacco agli asili nido pubblici, luoghi in cui si formano i cittadini del domani”. Dal palco è partito poi un appello anche alla presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini: “Oggi deve dirci da che parte sta, dalla parte dei lavoratori e dei cittadini che chiedono il rispetto di un loro sacrosanto diritto, o con il governo che quel diritto continua a negarlo?”. Dettori ha poi così concluso: "Questo governo, che nessuno ha eletto, a differenza di noi che ogni tre anni ci sottoponiamo al voto dei lavoratori, ha cancellato la parola lavoro dal proprio vocabolario. Ma deve essere chiaro che la nostra mobilitazione non si fermerà finché non porteremo a casa il risultato: ovvero un giusto contratto per tutte e per tutti”.

Friuli Venezia Giulia
Punte di adesione superiori al 90 per cento negli enti del comparto unico, tanti uffici chiusi e molti lavoratori assenti anche nella sanità, pur con l’obbligo di garantire i servizi minimi. Questo il primo bilancio dello sciopero dei lavoratori pubblici in regione, proclamato da Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal per sostenere il rinnovo dei contratti, fermi al 2009 in tutti i settori. Oltre alle aspettative la partecipazione al corteo organizzato stamane a Trieste: ben 4 mila i manifestanti che hanno sfilato partendo da piazzale Oberdan, tanto che il comizio finale, inizialmente previsto in piazza Orologio, a fianco dell’ingresso della Giunta, si è tenuto in piazza Unità.

"Un segnale forte e chiaro, di cui la politica deve assolutamente tenere conto, sia a livello nazionale che qui in regione" commenta la segretaria della Fp Cgil Friuli Venezia Giulia Mafalda Ferletti, chiedendo a giunta regionale e Anci "segnali concreti per sbloccare la trattativa sul comparto unico, perché gli incrementi salariali devono tenere conto di sette anni di blocco e un adeguamento fermo all’1,2 per cento non è accettabile". Ferletti, a tale riguardo, segna anche il +5 per cento di aumento con cui si è chiusa la trattativa nazionale sul contratto Federculture, cui aderisce anche la Regione Friuli Venezia Giulia. Ma non basta: il rinnovo dovrà anche sciogliere definitivamente i noti della clausola di salvaguardia, cioè delle garanzie in caso di scioglimento delle Uti, e della mobilità tra gli enti.

Al di fuori della vertenza sul comparto, sul tavolo con la Regione ci sono anche i temi delle assunzioni in sanità, per colmare il vuoto di 1.000 posti a partire dal 2009, della riqualificazione degli Oss (operatori socio sanitari) e della modifica della recente legge sugli educatori. "Tutto questo – conclude Ferletti – ricordando che solo per il mancato turnover, quindi senza considerare gli effetti del blocco contrattuale, la Regione ha risparmiato dal 2009 500 milioni nel comparto e 300 nella sanità, pari a un taglio annuale, a regime, rispettivamente di 75 e 45 milioni".

Tornando allo sciopero, i dati sulle adesioni vedono percentuali molto alte un po’ ovunque, a partire dai piccoli Comuni, con medie di adesione che si aggirano attorno al 90 per cento. Attività paralizzata anche per il Comune di Udine, ma anche in altri enti di medio-grandi dimensioni come Ronchi, e astensioni stimate tra il 60 e il 70 per cento in Regione e nel Comune di Trieste. Tante braccia incrociate anche in sanità (semichiuso il laboratorio prelievi all’ospedale di  Pordenone) e in uffici a elevata incidenza di precettazione, come il tribunale di Trieste. Più bassa, ma in ogni caso significativa, la partecipazione tra i soci lavoratori delle cooperative impegnate negli appalti pubblici, dove nonostante le pressioni delle aziende sono stati molti addetti gli addetti a scioperare.

Lazio
Lo sciopero ha coinvolto vari settori: dai dipendenti capitolini, e dunque le maestre degli asili nido e i vigili, agli operatori della sanità pubblica e privata della Regione, fino ai dipendenti delle cooperative che svolgono per i Comuni funzioni socio-assistenziali. E poi, ancora, i lavoratori delle strutture che fanno capo all'Inps, all'Inail e ai ministeri. "Tantissime scuole e nidi dell'infanzia sono chiusi" ha detto il segretario generale della Fp Cgil di Roma e Lazio Natale Di Cola: "Anche nella sanità abbiamo notizie di chiusure di sale operatorie negli strutture, si fanno solo le emergenze". Hanno incrociano le braccia, infine, pure i Vigili del fuoco e i dipendenti amministrativi comunali e regionali.

Dettori (Fp Cgil): "Stiamo rivendicando un diritto"
“Anni di blocco, sia per quanto riguarda i rinnovi contrattuali che il turn over, hanno determinato riflessi non solo sui lavoratori stessi, ma anche, e soprattutto, sulla qualità dei servizi erogati ai cittadini”, spiega Rossana Dettori, segretario generale della Funzione pubblica Cgil, che tira così le fila di questa intensa mobilitazione condotta con Cisl Fp, Uil Pa e Uil Fpl. “Pancia a terra, territorio per territorio, sensibilizzando le istituzioni locali – aggiunge Dettori, che oggi sarà alla manifestazione di Perugia - con l’impegno dei lavoratori e il coinvolgimento dei cittadini, stiamo rivendicando un diritto, sancito per altro dalla Cassazione quasi un anno fa, ovvero il rinnovo non più rinviabile dei contratti pubblici. Che è allo stesso tempo un diritto dei cittadini-utenti, perché siano garantiti loro servizi migliori e al passo con i tempi”.

Al momento, con le risorse messe in campo, pari a 300 milioni (comprese le forze dell’ordine), e con le intenzioni del governo di destinarle solo a chi è al di sotto di una certa fascia di reddito, i rinnovi rischiano di toccare solo una piccola percentuale degli oltre tre milioni di lavoratori pubblici. “Lo abbiamo detto: per noi il punto fermo è il rinnovo dei contratti per tutti. Ma è arrivato anche il momento di dire basta a indiscrezioni e a dichiarazioni, ora serve mettersi al tavolo e dare il via alle trattative. Basta rinvii, soprattutto dopo la firma dell’accordo quadro sulla riduzione dei comparti”, ribadisce Dettori. Anche qui, vale la pena ricordare che il governo ha sempre imputato alle organizzazioni dei lavoratori la responsabilità dello stallo nelle trattative sui rinnovi, determinato, a suo dire, da “difficoltà sindacali” nel processo di sintesi dei comparti. Stallo ampiamente superato con l’accordo sottoscritto all’Aran il 5 aprile scorso.

Per dare l’avvio alle trattative, finita la mobilitazione “a scacchiera”, l’impegno dei sindacati non si ferma: “Con maggiore forza continueremo a rivendicare l'avvio del confronto per i rinnovi. Per questo – annuncia la segretaria generale della Fp Cgil – immediatamente dopo la conclusione di questa campagna articolata di proteste, ci incontreremo con Cisl e Uil per valutare le proposte e le azioni da mettere in campo”. Con un solo e unico obiettivo: #ContrattoSubito, #XTUTTI.