Licenziamento in tronco di quasi 30.000 precarie e precari della pubblica amministrazione tra il 2008 e il 2010, settore della conoscenza escluso: a denunciarlo è la Funzione pubblica Cgil in un comunicato della segretaria generale Rossana Dettori, che riporta una serie di dati drammatici.

Persi 11.356 tempi determinati
(non 11.356 unità di personale, ma 11.356 ‘anni’ di prestazioni lavorative dentro la pubblica amministrazione, quindi un numero ben maggiore di espulsioni, se si pensa che in alcuni settori i contratti, ad esempio i tempi determinati di asili nido e scuole materne, non raggiungono mai i 12 mesi); persi 16.235 collaboratori (anche in questo caso i contratti non sempre raggiungono l’annualità e quindi i ‘licenziati’ superano il numero dei contratti); persi 3.378 lavoratori socialmente utili; persi 2.377 lavoratori in formazione. Le uniche voci in aumento sono i lavoratori interinali, 1.724 unità, e gli incarichi di studio, le cosiddette consulenze, spesso frutto di clientele e compensazioni politiche, che passano dalle 58.583 del 2008 alle 75.309 del 2010 (+28,6%), con un costo totale di 574,92 milioni di euro. Questi numeri non comprendono il taglio del 50 per cento delle spese per il personale precario previsto dal governo Berlusconi, che deve ancora produrre i suoi effetti con oltre 70 mila licenziamenti.

“Mentre si continuano a licenziare precari
e si riduce il personale in forze alla pubblica amministrazione – afferma Dettori –, vorremmo sentire meno sproloqui su presunte rigidità, che cozzano con la pesante crisi occupazionale in atto. Inoltre vorremmo sentir parlare meno dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori e molto più dell’articolo 19, quello che prevede che i lavoratori possano eleggere le proprie Rappresentanze Sindacali Unitarie, quindi difendersi e contrattare”. Per quanto ci riguarda – conclude la sindacalista –, il lavoro pubblico terrà fede a quel principio il 5-6-7 marzo con il rinnovo delle Rsu. Un fatto di democrazia e di civiltà”.