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Il 28 novembre i lavoratori pubblici manifestano a Roma per un contratto dignitoso negato dai miseri stanziamenti previsti dalla legge di stabilità. “Un contratto vero per i lavoratori e per cambiare i servizi ai cittadini”, Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Nicola Turco, segretari generali di Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uil Pa, lanciano la campagna per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. “Il governo la smetta con le provocazioni e apra il tavolo. Fare un nuovo contratto vuol dire investire nelle professionalità, nell’innovazione organizzativa, nella qualità dei servizi".
Per i lavoratori pubblici si chiede un rinnovo dignitoso dopo 6 anni di paralisi totale. "Per noi - si legge nella nota - significa 150 euro di aumento medio con produttività e riconoscimento professionale, altro che l’equivalente di una mancia come vorrebbe il governo. Chiediamo contratti per rimettere in moto servizi alle famiglie e alle imprese, accrescendo la partecipazione, e rispettando il senso di quel richiamo della Corte Costituzionale che con questa legge di stabilità si vorrebbe di fatto ignorare: è con i contratti che si rilancia il cambiamento. E se per far arrivare il messaggio servirà andare allo sciopero generale, noi siamo pronti”.
“Sei anni di sottrazione di risorse - proseguono le quattro sigle sindacali - spacciata per razionalizzazione della spesa e di mancati investimenti nella qualità del lavoro pubblico, sono più che abbastanza. I servizi pubblici continuano a deteriorarsi quando invece dovrebbero dare una spinta decisiva alla ripresa economica e offrire risposte valide contro la marea montante del malcontento sociale". Per i sindacati, il governo "Ancora una volta scarica costi e responsabilità sui lavoratori pubblici, mettendo sul piatto una proposta di contratto che non merita questo nome. Evidentemente considera la contrattazione come un’attività residuale nella quale non vale la pena investire. E che è meglio confinare su un terreno sempre più ristretto per gestire sempre più materie a colpi di leggi e decreti”.
“Liberare la contrattazione è l’unico modo per produrre innovazione vera, partecipata dai lavoratori pubblici, e riportare la P.a. linea con le esigenze reali del Paese. Per questo metteremo in campo anche lo sciopero, se dalla politica non verranno risposte. E prima faremo una mobilitazione forte e capillare sia a livello nazionale che territoriale, cercheremo il confronto con la società civile, punteremo a creare alleanze sociali partendo dai bisogni delle persone. Perché non si tratta solo di garantire ai lavoratori pubblici retribuzioni adeguate ed esigibilità dei diritti, ma di tenere insieme la valorizzazione delle professionalità e il diritto dei cittadini a un’amministrazione pubblica sostenibile negli assetti, trasparente nell'uso delle risorse, ed efficace nel dare risposte alle comunità”.