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Un veloce passaggio programmatico nel discorso alle camere di fine febbraio dello scorso anno da parte del neo nominato premier Renzi, seguito dall'approvazione a stretto giro del ddl Delrio a inizio aprile. Poi qualche cambio di pedine nel governo (via Lanzetta e Delrio), una forte mobilitazione dei lavoratori che portò all'occupazione delle sedi delle Province nel dicembre passato, e a seguire: ritardi, complicazioni, scadenze non rispettate. Per il processo di riordino istituzionale - ovvero la legge che porta il nome dell'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, e che ridisegna i confini e le competenze dell'amministrazione locale - a poco più di 13 mesi dal varo (per stare al solo governo Renzi, in realtà il processo parte nel 2013 con il governo Letta e il ddl 'svuota province') siamo in una fase di caotico impasse: il rimpallo di responsabilità tra istituzioni dello stato circa il fallimento del processo, un passaggio di funzioni impantanato, l'allarme sulla tenuta dei servizi e dell'occupazione, prima smentito e poi accolto, decreti annunciati e poi rimandati.
E ora, a due settimane dal prelievo di un miliardo dalle casse delle Province, come stabilito dalla legge di stabilità proprio in ragione della progressiva cancellazione (sulla carta) delle province e delle funzioni da queste svolte, la situazione è rischiosa e molto delicata. Il cronoprogramma ufficiale che doveva segnale l'iter della legge - tra riallocazioni umane, finanziarie e funzionali - registra pesanti ritardi: sei su undici passaggi sono in clamoroso ritardo, superando abbondantemente le scadenze prefissate per mesi e e mesi; due si sono arenati ad un certo punto del processo; soltanto tre sono arrivati in porto. Il tutto mentre solo quattro regioni, ovvero Liguria, Toscana, Umbria e Marche, hanno proceduto all'approvazione di una legge di riordino delle funzioni, ma sostanzialmente carta straccia senza la ratifica di successive deleghe attuative. Insomma, un pantano: non è chiaro chi deve fare cosa e, soprattutto, come fare il tutto senza un governo di questo processo, mentre alle porte il prelievo di un miliardo di euro rischia di far saltare il banco.
Il prelievo, pari a un miliardo per quest'anno, due per il 2016 e tre per il 2017, “era condizionato al trasferimento delle funzioni (e di conseguenza personale) come previsto dalla legge Delrio sul riordino delle Province, ma questo non sta accadendo. In parte per responsabilità delle Regioni, in parte per una mancanza di sostegno a questo processo da parte del governo”, spiega il segretario nazionale della Fp Cgil, Federico Bozzanca, che per la categoria sta seguendo questa partita. Insomma le funzioni non variano ma vengono meno le risorse, con i rischi - già denunciati dal sindacato - “per la tenuta dei servizi e per il mantenimento del personale”. Da qui la mobilitazione continua da parte dei sindacati di categoria che nei giorni scorsi si sono mossi sul versante nazionale, con la richiesta di un incontro ai gruppi parlamentare, e sul versante territoriale con la richiesta, nelle regioni al voto, inoltrata ai candidati presidente di assumere cinque impegni. Cinque domande per avere garanzie sull'offerta dei servizi ai cittadini, sulla tenuta occupazionale e salariale, su un processo di riordino che sia frutto della partecipazione e del coinvolgimento.
Ma, oltre questa mobilitazione 'istituzionale', i sindacati e i lavoratori si stanno mobilitando in queste ore lungo le tappe del Giro d'Italia. Stanno cercando, cioè, di dimostrare che il giro, la corsa rosa che ogni anno mette in bella mostra la provincia italiana, non sarebbe possibile senza il loro lavoro di manutenzione. Da Nord a Sud, da Pistoia a Benevento, con striscioni e presidi, sindacati e lavoratori stanno veicolando (anche e soprattutto sui social network) un messaggio chiaro e semplice: #SenzaProvince, niente #giro. Con l'obiettivo di 'accompagnare' la corsa fino alla tappa conclusiva di Milano.
Una situazione ingarbugliata e sempre più insostenibile. Anche lo stesso decreto enti locali annunciato dal sottosegretario agli Affari regionali, Gianclaudio Bressa, da approvare nel Consiglio dei ministri di lunedì 18 maggio è stato ancora una volta rimandato: testo che, da indiscrezioni, avrebbe avuto al centro la sorte dei dipendenti provinciali legati ai Centri per l'impiego e il destino della Polizia provinciale. “La riduzione di liquidità, mentre abbiamo notizie di servizi che già vengono a mancare, potrebbe comportare problemi di gestione, con riflessi sulle lavoratrici e i lavoratori delle province”, spiega ancora Bozzanca, sostenuto anche dalle denunce sul 'deterioramento' delle casse delle province avanzato nei giorni scorsi dalla Corte dei conti. “È ora che il governo si attivi - chiude Bozzanca - per guidare il riordino con tutti i soggetti interessati, così come devono farlo le Regioni, da subito, per il trasferimento delle funzioni”.
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