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Dove vanno e cosa finanziano i fondi della previdenza complementare in Italia, quella a cui un lavoratore aderisce volontariamente? Non finiscono a sviluppare e sostenere la cosiddetta economia reale. Le percentuali sono facili da ricavare: di 100 euro gestiti dai fondi pensione integrativi, solo 24 restano nel nostro territorio, e pochi spiccioli, ovvero 3 euro, vanno a finanziare imprese e attività produttive. Siamo quindi molto lontani dal circolo virtuoso che potrebbe portare i risparmi dei lavoratori a sostenere e creare occupazione.
Ma c’è di più. Quando poi si passa ad analizzare quanto del denaro dei lavoratori nei fondi pensione è usato per orientare o favorire processi di riconversione sociale, ambientale, organizzativo, del mondo produttivo la quota è di 1 euro ogni 10 investiti. Eppure le cifre del risparmio previdenziale privato sono davvero ingenti: 10 milioni di persone, tra iscritti e pensionati, più di 250 miliardi di euro, di cui 167,1 miliardi destinati nel 2018 alle prestazioni previdenziali, pari al 9,5 per cento del Pil. Questi sono alcuni dei dati emersi dallo studio curato dal direttore generale di Banca Etica, Alessandro Messina, e presentato nel convegno “Una finanza utile al lavoro” che si è tenuto a Roma il 28 febbraio, a cui ha preso parte Maurizio Landini, segretario generale della Cgil.
“Bisogna rimettere al centro il lavoro, non solo come diritto delle persone a vivere dignitosamente – ha dichiarato Landini – ma anche come diritto di discutere che cosa produciamo e come lo facciamo. La diffusione di appalti, subappalti e finte cooperative ha portato a una frammentazione e a una svalutazione del lavoro che mette le persone in competizione tra loro. E invece quello che vorremmo è poter sperimentare nuovi livelli di partecipazione nelle decisione di chi fa impresa, su che cosa, come, con quale sostenibilità si produce. Questa è una delle sfide che ci troviamo davanti. Allo stesso modo, dobbiamo trovare delle soluzioni sugli investimenti dei fondi pensionistici, che liberino risorse per puntare sulla crescita e sulla qualità del sistema imprenditoriale”.
La ricetta per trasformare la previdenza integrativa in un motore di sviluppo sostenibile, che crei occupazione ed equità, arriva dalla finanza etica. “Se facessero propri i criteri cosiddetti ESG, Enviromental, Social, Governance – ha spiegato Messina – i fondi pensione complementari potrebbero favorire la riconversione ecologica, accelerare la transizione a un’economia carbon free, sostenere le imprese più attente ai diritti umani e all’impatto sociale e ambientale dell’intera filiera produttiva. Questo rimetterebbe la finanza al servizio dell’economia. E darebbe valore al patto implicito tra generazioni che c’è in ogni sistema previdenziale, anche privato”.