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Come dimostrano gli studi, la crescita economica ha una relazione stretta con la qualità della vita degli individui e con le caratteristiche e le dotazioni dei territori. Il secondo “Rapporto sulla qualità dello sviluppo in Italia”, realizzato da Tecnè e dalla Fondazione Di Vittorio, nasce da queste premesse e – senza alcuna pretesa di esaustività – ha l’obiettivo di misurare lo stato di salute del Paese da uno specifico punto di vista: quello delle disuguaglianze territoriali.
Dal rapporto si apprende che l’indice generale, in un anno, scende da 100 a 99, con un peggioramento in particolare nel Nord e nel Centro e con il Mezzogiorno che continua a essere in grave ritardo rispetto al resto del Paese. Aumentano le disuguaglianze economiche e la concentrazione della ricchezza. “La fotografia che emerge dallo studio – commenta il segretario generale della Cgil Susanna Camusso – è quella di un Paese in cui la ricchezza tende sempre di più a concentrarsi e una condizione delle persone che da troppo tempo vede sempre più difficile uscire da una situazione di difficoltà”.
Il ceto medio è più fragile, aumentano i poveri e i bassi salari, il lavoro è percepito più instabile e nel complesso è più difficile migliorare le proprie condizioni. Tutto ciò si riflette in un sentimento di diffuso pessimismo sul futuro e in una crescente sfiducia economica. In particolare, solo il 31% pensa che la situazione economica dell’Italia migliorerà nei prossimi 12 mesi (era il 44% nel 2015) e, se si guarda alla situazione personale, appena l’11% si attende un miglioramento (era il 13%). Non va meglio sul fronte del lavoro: solo il 24% pensa che l’occupazione crescerà (era il 31% nel 2015). “Rispetto al 2015 – sottolinea ancora il leader della Cgil – nel 2016 calano drasticamente le previsioni sulla crescita economica dell’Italia, quelle sulla propria situazione personale e sulle prospettive di crescita dell’occupazione. Come pure diminuisce notevolmente il concetto di partecipazione sociale”.
Il Nord, dove è maggiore nel 2016 il calo dell’indice, resta comunque l’area del Paese dove il livello di disuguaglianza economica è inferiore, mentre nel Mezzogiorno, per quanto riguarda sia la distribuzione dei redditi che la concentrazione della ricchezza, il livello di iniquità sale moltissimo. “È sempre più evidente – aggiunge Camusso – la necessità di cambiare rotta rispetto alle politiche economiche e sociali. La svalorizzazione del lavoro e dei diritti, la sua mancanza e la sua precarizzazione, la continua crescita di diseguaglianze, oltre che un enorme problema per le persone, rappresenta un freno allo sviluppo del Paese”.
Dare risposte partendo dai più deboli è, per il segretario generale della Cgil, non solo giusto, ma rappresenta il meccanismo necessario per dare sicurezza a tutti e per fare in modo che aumenti la fiducia, uno dei motori più importanti della crescita economica, senza la quale i consumi e gli investimenti tendono a comprimersi e diventa sempre più difficile fare progetti di vita. “Sono questi – conclude il segretario della Cgil – i tratti essenziali dei due referendum promossi dalla Cgil e della Carta dei diritti universali, sui quali oggi (11 febbraio), in tante piazze d’Italia, diamo voce ai diritti del lavoro”.