Riparte l’Eurallumina di Portovesme, in provincia di Carbonia-Iglesias, ferma dal 2009. Il riavvio dell’impianto di produzione dell’allumina (ossido di alluminio) è previsto per i primi mesi del 2016. A regime, nell’ambito delle diverse attività, verranno occupate circa 200 unità lavorative.

L’attesa delle maestranze e delle organizzazioni sindacali, accompagnata in questi anni da un importante numero di iniziative che sono servite a mantenere vivo il rapporto con le lavoratrici e i lavoratori e persino con gli addetti degli appalti, sta finalmente avendo fine: assemblee, volantinaggi, un blog aggiornato quotidianamente, il tutto con l’obiettivo di non far mai mancare l’informazione sulla vertenza e sulle vicende delle altre realtà produttive del Sulcis.

Così a metà giugno, dopo 6 anni di cassa integrazione, un primo gruppo di lavoratori ha varcato la sbarra dello stabilimento per effettuare una tornata di corsi di formazione per la sicurezza, un aggiornamento per gli operatori della Sezione 4, che prenderanno servizio a luglio, per effettuare le prove tecniche di gestione di un impianto di trattamento delle acque reflue che ha già ottenuto le autorizzazioni degli enti preposti.

Inizialmente, i cancelli della fabbrica riapriranno per le maestranze dirette, ma uno spiraglio di luce si è aperto anche per gli addetti dell’Ila, un’azienda che lavorava l’alluminio di Portovesme, producendo laminati, e che la crisi dovuta ai costi energetici ha da tempo messo in ginocchio. Questo in virtù di un accordo firmato lo scorso 19 giugno nella sede della Regione Sardegna dagli assessori al Lavoro e all’Industria e dalle segreterie regionali e territoriali di Cgil, Cisl e Uil.

L’intesa prevede la possibilità di reimpiegare nelle attività del Piano Sulcis (l’insieme di attività concordate con la presidenza del Consiglio dei ministri per rilanciare l’economia del territorio) i lavoratori in procinto di perdere gli ammortizzatori sociali previsti dalla legge 223. Tra questi, appunto, anche 60 lavoratori ex Ila che hanno già perso o stanno per uscire a breve dalla mobilità. Per i sindacati si tratta solo di un primo passo, in quanto “la stessa opportunità dovrà essere messa a disposizione di tutti i lavoratori, in particolare di quelli provenienti dall’indotto Eurallumina”.

Un passo importante che punta a rompere l’isolamento del territorio e che inserisce un cuneo in quella crisi dell’industria legata ai poteri di veto di alcune realtà che hanno portato alla rovina un sistema che per oltre 40 anni ha garantito lavoro e che, anche grazie alle lotte dei lavoratori e del sindacato, era riuscito a “bonificare mettendo a norma una situazione ambientale per anni complessa”. Nel rispetto delle richieste legittime del territorio e della stessa popolazione. Con la ripartenza dell’Eurallumina l’inversione di tendenza sarebbe forte e marcata. Per questo, hanno fatto bene le lavoratrici e i lavoratori a mantenere viva con la loro lotta – per dire no a chi voleva l’industria del Sulcis assistita e solo inquinante – l’attenzione sulla fabbrica.

Contro l’industria del polo di Portovesme e contro il carbone di Seruci e Nuraxi Figus per anni si è levata alta una cortina di opinioni contrarie, alimentata dai denari di chi inquina impunemente da altre parti con l’olio combustibile e l’uranio. Questa volta, però, la lotta del territorio ha creato una crepa nel sistema della negazione del lavoro. Una crepa che si allargherà, crescendo, fino alla ripresa dell’attività industriale della fabbrica.