Il modello dell’organizzazione del lavoro, che fino ad oggi ha permesso al porto di Genova un continuo incremento dei traffici, “deve essere mantenuto e migliorato”. “E gli unici soggetti ad operare devono essere i lavoratori dei terminal e quelli delle compagnie”. Inoltre “è indispensabile che il lavoro portuale venga riconosciuto come lavoro usurante”. Sono alcune delle conclusioni cui sono giunti i delegati Filt Cgil, Fit Cisl, Uil trasporti del porto di Genova, riunitisi lo scorso 1 giugno.
L’assemblea ha ritenuto “improrogabile l’avvio del percorso di integrazione tra il porto di Genova e quello di Savona”, e ha sottolineato “come norme e regolamenti debbano essere applicati in maniera uniforme”. Per i delegati, si legge in una nota congiunta, “la riforma del lavoro portuale può rappresentare una concreta opportunità di sviluppo con ricadute positive per i lavoratori. E' quindi necessario che le segreterie nazionali mantengano un costante rapporto con il ministero dei Trasporti per arrivare ad istituire un fondo di accompagnamento alla pensione per tutti i lavoratori portuali”.
“Si condivide – prosegue la nota – la proposta delle segreterie nazionali di modifica dell'articolo 15 bis, in particolare il punto relativo all'intervento delle Autorità di Sistema le quali adottano il piano dell'organico del porto dei lavoratori delle imprese di cui articoli 16, 17 e 18 delle ex legge 84/94 e due successive modifiche. Per questi motivi si ritiene necessario avere una Autorità di Sistema forte ed autonoma che possa rispondere in modo efficace alle sfide decisionali e procedurali, per cui si ritiene inappropriata l’applicazione della legge 165/2001 ai dipendenti di AdSP”.
Lo sviluppo del porto, concludono i delegati, “non può prescindere dalle questioni che riguardano la sicurezza sul lavoro, argomento che deve rimanere al centro della discussione con tutte le parti in causa”.