Convivere con la paura
“Si monta con la paura e con la tensione, sperando che se capita qualche imprevisto arrivi qualcuno a darti una mano. Con la frustrazione di sentirsi continuamente offesi”. Marco Martucci, agente della polizia penitenziaria di Piacenza, da 25 anni lavora nella vigilanza all’interno dei reparti di detenzione. Una vita tra case di reclusione e istituti di massima sicurezza. A lui abbiamo chiesto di raccontarci la giornata tipo di un agente delle sezioni carcerarie: “Dovrebbe essere studiata bene – dice –, servirebbero ricerche approfondite come quelle su chi torna dalla guerra. A me fanno ridere le trasmissioni televisive dove vedi l’agente con il cappellino che ride e scherza. Non è così. Le sezioni sono sporche. Tra i detenuti c’è un uso spropositato di psicofarmaci e alcol. Le aggressioni sono sempre più frequenti. Ci sono reclusi che si autolesionano se non gli si dà il Valium. Basta poco, un televisore che si rompe, e iniziano i guai”.
Chi monta nei reparti detentivi generalmente osserva un orario che va dalle 8 del mattino fino alle 4 del pomeriggio, ben oltre le 6 ore previste dalla legge. Tra i suoi compiti vi è quello di controllare la “movimentazione” dei detenuti (colloqui, ore d’aria, corsi di formazione ecc.), un’attività frequente, considerando che i reclusi non passano tutta la giornata in cella. A complicare le cose, a differenza di quanto avviene negli altri corpi di polizia, gli agenti della penitenziaria sono costretti, per la carenza dell’organico, a lavorare da soli per tutto il tempo, di solito con 50 persone da controllare, in alcune realtà anche con 150. “La notte – racconta Martucci – capita addirittura di dover sorvegliare più sezioni contemporaneamente, per un totale di 300 detenuti. Lascio immaginare cosa succede quando qualcuno di loro sta male e si deve entrare da soli in celle dove sono stipate 5 o 6 persone”.
Di pari passo con il sovraffollamento aumentano i problemi di convivenza tra i detenuti, i quali creano diversi clan, spesso su base etnica, per il predominio all’interno dell’istituto. “Tutte le tensioni – spiega l’agente – si scaricano su di noi. Una semplice negazione, come il rifiuto di far usare una doccia che è già occupata, scatena violenze. A Piacenza durante un litigio tra detenuti, un lancio d’olio bollente ha colpito l’agente di servizio. A Bologna c’è stato un tentativo di sequestro, con tre detenuti che cercavano di arrivare alle chiavi per aprire tutte le celle”. Ne deriva che il personale fa di tutto pur di non lavorare nella sezione. “Senza certezza del turno – conclude Martucci – non si ha la possibilità di organizzarsi la vita privata, perché le esigenze di servizio sono tante, i riposi settimanali soppressi, e i problemi si portano a casa. Uscire con il buio dopo essere stati tutto il giorno al chiuso è dura. Ho visto colleghi che si sono trasformati in meno di 10 anni”.