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Nel contesto socio-economico odierno il tema della conoscenza sta progressivamente assumendo un ruolo determinante. Concetti come “economia della conoscenza” e “lavoro della conoscenza” sono entrati nel dibattito politico in riferimento dapprima alla Strategia di Lisbona (2000) e, successivamente, al programma comunitario Europa 2020. Tra gli obiettivi quantitativi che l’Ue è chiamata a raggiungere entro il 2020 troviamo infatti l’aumento degli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione al 3% del Pil, la riduzione degli abbandoni scolastici al di sotto del 10%, e l’aumento al 40% dei 30-34enni con un’istruzione universitaria.
In Emilia Romagna, gli Stati generali della formazione, costruiti in un percorso condiviso con il sistema formativo e il partenariato economico-sociale e riunitisi nei giorni scorsi a Bologna, hanno sottolineato l’importanza di investire in capitale umano per garantire al territorio conoscenze e competenze sempre più alte, orientate alla specializzazione, internazionalizzazione e innovazione. Per realizzare tale obiettivo è stata istituita ER, Educazione Ricerca Emilia Romagna, infrastruttura educativa e formativa che, attraverso la collaborazione tra soggetti formativi, imprese e istituzioni, si propone di promuovere un’occupazione qualificata e una crescita sostenibile in un sistema economico-produttivo in profonda trasformazione.
Questi aspetti sono stati condivisi con il Patto per il lavoro siglato la scorsa estate: linee di azione con cui la Giunta e le diverse componenti della società regionale intendono rilanciare lo sviluppo e l’occupazione in Emilia-Romagna. In tale scenario, riveste dunque un ruolo chiave il tema dell’istruzione, sul quale crediamo sia interessante soffermarsi, per alimentare alcune riflessioni relative sia al territorio nazionale che regionale.
Analizzando il tasso di scolarizzazione superiore, che indica la quota di popolazione in età 20-24 anni che ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore, osserviamo che il dato regionale è superiore a quello nazionale, anche se tali indicatori tendono progressivamente ad avvicinarsi. Nel 2014 il dato dell’Emilia Romagna è cresciuto, attestandosi all’81,5% e interrompendo il trend negativo che ha caratterizzato gli ultimi anni. A livello nazionale si osserva invece una crescita costante, che ha visto aumentare il tasso di scolarizzazione superiore di oltre sette punti percentuali negli ultimi dieci anni, raggiungendo il 79,4% nel 2014.
Anche per il tasso di istruzione terziaria, relativo alla fascia d’età 30-34 anni, l’Emilia Romagna si colloca al di sopra della media nazionale (25,1% rispetto a 23,9%), anche se negli ultimi due anni il dato regionale ha registrato un calo di più di tre punti percentuali. Se confrontato con il contesto europeo, il territorio italiano presenta grandi criticità rispetto a tale tema. L’obiettivo Europa 2020 prevede infatti la crescita del tasso di istruzione terziario medio al 40%, mentre l’obiettivo nazionale è del 26-27%, percentuale che confina l’Italia in ultima posizione nel 2020.
Tale dato, congiunto alla condizione occupazionale dei laureati, delinea uno scenario caratterizzato da un basso riconoscimento della conoscenza, e della sua applicazione in ambito lavorativo. Se durante la crisi economica si è investito di più nell’istruzione, elemento confermato dall’innalzamento dei tassi di scolarizzazione secondaria e di istruzione terziaria, i laureati formati durante questi anni non sono stati assorbiti dal mercato del lavoro: e, infatti, dopo un cenno di ripresa nel 2010-2011, il tasso di occupazione dei laureati è diminuito. Solo poco più della metà dei laureati dell’Emilia Romagna, a tre anni dal conseguimento del titolo di studio, è occupato. Ciò che risulta più allarmante è il calo che si è registrato negli ultimi dieci anni: la regione ha perso 26 punti percentuali, e l’intero territorio nazionale 16 punti percentuali, delineando dunque uno scenario altamente critico.
Oltre all’abbassamento del tasso di occupazione dei laureati, osserviamo un aumento dei giovani appartenenti alla categoria dei Neet, fenomeno che indica i giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono occupati, né inseriti in un percorso regolare di istruzione/formazione. La percentuale di tale fascia sulla popolazione nella corrispondente classe d’età sta drammaticamente aumentando, con tutte le conseguenze sociali e soggettive che tale fenomeno comporta, tra le quali il rischio di una progressiva marginalizzazione sociale e di una crescente insoddisfazione individuale. A livello nazionale più di un quarto dei giovani tra i 15 e i 29 anni non è occupato né inserito in un percorso di istruzione/formazione. In Emilia Romagna tale percentuale è più bassa, ma in continua crescita: nell’arco di dieci anni è aumentata di circa dieci punti percentuali.
Gli indicatori riportati ci restituiscono un quadro caratterizzato da alcune criticità, sia a livello nazionale che regionale, anche se quest’ultimo si attesta su valori maggiormente positivi rispetto allo scenario complessivo. Soprattutto nel mondo del lavoro odierno, caratterizzato da incertezza e svilimento del lavoro, crediamo che il sistema educativo e quello formativo possano dotare i lavoratori e coloro che si accingono a entrare nel mercato del lavoro di strumenti utili per non deprimere la propria capacità di aspirare, definita dall’antropologo Arjun Appadurai come capacità di immaginarsi un futuro diverso, dunque come pratica costitutiva del processo democratico, attraverso la messa in discussione dell’esistente. Auspichiamo, in conclusione, che il sistema dell’istruzione possa trovare un pieno riconoscimento nel dibattito pubblico, in quanto investimento sociale e non come mero costo economico, e che con adeguate politiche possa diventare uno dei fulcri fondamentali per lo sviluppo del Paese.
Assunta Ingenito, ricercatrice Ires Emilia Romagna