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Sembra non esserci pace sotto il cielo di Piombino. Se la volontà di ripartire c'è, sono però tante le questioni da risolvere: oltre ai problemi occupazionali si aggiunge ora la disputa sulla discarica Rimateria. Contestata da parte della cittadinanza, questa è considerata dall'amministrazione comunale e da Aferpi strategica per le demolizioni e le bonifiche, per cui sono quasi terminati gli studi di progettazione. Gli appalti dovrebbero partire nei primi mesi del 2019.
Demolizioni e produzione di acciaio porteranno con sé la produzione di nuovi rifiuti, che si sommeranno agli enormi cumuli di scarti derivanti da decenni di produzione siderurgica. Rifiuti che adesso però sarebbe impensabile non gestire secondo una logica di sostenibilità. Un problema che in città si sta ponendo con sempre più forza e comincia davvero a preoccupare. Il rischio di uno scontro tra la cittadinanza e le esigenze dello stabilimento, e quindi del lavoro, rischia di farsi sempre più concreto.
Tutto gira intorno alla discarica dell'azienda Rimateria, di cui sono azionisti il comune di Piombino e altri della Val di Cornia e per cui si prospetta una privatizzazione. E che adesso sembra aver iniziato un percorso di stretta collaborazione proprio con Aferpi. La nuova proprietà indiana appare infatti molto interessata all'ampliamento della discarica, funzionale ai progetti di sviluppo industriale, tra bonifiche e nuove produzioni d'acciaio. Così Aferpi e Rimateria proprio nelle ultime settimane si sono incontrate.
“Le due aziende inizieranno uno studio di dettaglio su tutte le opportunità di collaborazione per le diverse fasi di sviluppo del sito industriale, a partire da quella delle demolizioni ormai prossime a partire, per proseguire con quella relativa alla rimozione di cumuli non pericolosi. Successivamente partirà quella relativa agli scavi per le nuove costruzioni, per finire con il riciclo dei sottoprodotti della produzione di acciaio da ciclo elettrico – recita una nota congiunta Aferpi e Rimateria -. Prendendo le mosse dalla volontà di investire in impianti di produzione di acciaio innovativi e concepiti nell’ottica del massimo rispetto dell’ambiente e del territorio, è necessario e in linea con quanto definito nell’accordo di programma del 24 luglio 2018, l’utilizzo di un complesso integrato di impianti per il trattamento, il riciclo e lo smaltimento dei flussi di materia derivanti dalla produzione di acciaio, già oggi nella disponibilità di Rimateria”.
La discarica era stata sequestrata ad inizio anno per le emissioni maleodoranti dovute a irregolarità nella struttura. Dopo interventi e messe in sicurezza la discarica, seppure dissequestrata, continua ad emanare cattivi odore e a preoccupare la cittadinanza. Le perplessità nei confronti degli impianti Rimateria, rivolte alle bonifiche, al riciclo, allo smaltimento di quei rifiuti non riciclabili e a un probabile ampliamento non si sono fatte attendere. È nato così negli scorsi mesi un agguerrito Comitato di salute pubblica che, oltre ai chiarimenti del caso, ha chiesto più volte la possibilità per la popolazione di esprimersi tramite referendum.
Al centro la cessione di quote societarie a privati, con lo spauracchio della mala gestione, e l'ampliamento della discarica stessa. Ma il referendum è stato bocciato dall'amministrazione, spaccando la maggioranza comunale e di fatto la cittadinanza, divisa tra la necessità di sviluppo industriale e la difesa dell'ambiente e della salute pubblica. Con un clima da campagna elettorale capace solo di inasprire lo scontro, senza trovare la giusta mediazione.
“I quesiti proposti riguardavano la vendita ai privati di Rimateria e la costruzione di una nuova enorme discarica da 2.500.000 metri cubi all’ingresso Est della città. Ma dopo il rifiuto della maggioranza in consiglio comunale, la cittadinanza non si potrà neanche pronunciare – dichiara una nota del Comitato di salute pubblica -. Eppure, superata la stanchezza e l’indignazione, alziamo ancora la testa. I cittadini di Piombino hanno già contestato il progetto nelle assemblee pubbliche organizzate dall'amministrazione comunale e in varie assemblee di quartiere. Cosa dobbiamo fare per far capire ai nostri politici che non vogliamo una nuova monocoltura dei rifiuti, che vogliamo turismo, commercio, diversificazione, industrie moderne, utili e non inquinanti? Perché non fare allora uno studio serio su come monitorare le dispersioni in aria delle sostanze pericolose provenienti dallo stabilimento Aferpi in fase di deterioramento? Dicono che fra le sostanze che si disperdono in aria ci sia anche l'amianto. E non lo diciamo noi, lo dice Rimateria".
La nota quindi prosegue: "Chiediamo la realizzazione del registro tumori, che la città chiede inutilmente da tempo. E un'indagine geoelettrica e delle analisi isotopiche per verificare se i teloni posati 20 anni fa alla base della discarica a protezione della falda sono ancora integri, nonostante il cumulo di rifiuti sia stato rialzato dai 9 metri inizialmente previsti ai 35 attuali. E far eseguire i carotaggi da ditte indipendenti sotto il controllo Arpat per verificare che non vi sia finito qualcosa di pericoloso. Sono tante le cose che chiediamo per la salute della nostra città. Per cui possiamo affermarlo con serena determinazione: la partita non finisce qui, anzi, è appena cominciata”.
L'azienda, con il suo amministratore Fausto Azzi, ha dichiarato che è intenzionata a utilizzare la discarica e la ritiene essenziale. “Capiamo le preoccupazioni della popolazione, ma non ci si può fermare a guardare un pezzetto del puzzle, occorre osservare il quadro nella sua interezza: su questo sarà opportuno che a Piombino ci si confronti. Inoltre va ribadito il principio dell’economia circolare, la discarica va gestita con competenza ed esperienza, non chiusa – afferma Azzi -. La cronaca ci insegna che al contrario è il vuoto che dà origine a comportamenti illegittimi o criminali. A Rimateria non serve prendere rifiuti speciali da fuori, se si pensa che ci sarà da trattare i materiali residui di produzione di qualche milione di tonnellate d’acciaio e prima ancora ci saranno materiali delle demolizioni e degli scavi per la costruzione. Per questo stiamo valutando la possibilità di partecipazione in Rimateria”.
Tutto questo si aggiunge agli interminabili problemi occupazionali con cui i lavoratori fanno i conti ormai da anni. Nel nuovo decreto del Mise gli operai dello stabilimento piombinese erano stati esclusi dalla possibilità di usufruire della cassa integrazione speciale, cessando così quella forma di integrazione salariale che assicurava tra i 200 e i 300 euro mensili in più ai lavoratori rispetto alla normale cassa. I sindacati hanno allora raggiunto un accordo con l'azienda, disposta ad anticipare la cassa integrazione e a usare ferie e permessi per limitare il danno economico ai dipendenti. Da gennaio invece i sindacati puntano a un’intesa che preveda formazione e maggiori rotazioni, mentre le ferie saranno spalmate sui 12 mesi.
La situazione resta incerta per Aferpi e i suoi lavoratori. Da questa estate il nuovo proprietario, l'indiana Jindal South West, subentrata a Cevital, è intenzionato a far ripartire la produzione d'acciaio a Piombino; ma è lento a dare risposte concrete e garantire la stabilità produttiva e salariale richiesta da tutti. L'obiettivo è comune, tornare a produrre acciaio. Il progetto dell’azienda è quello di due forni elettrici e un nuovo impianto di laminazione di prodotti piani, avviandoli nel 2022 per produrre tre milioni di tonnellate di “piani” in aggiunta a un milione di tonnellate di “lunghi”.