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Il Piemonte è una delle regioni in cui, negli anni passati, più si è sviluppata l'innovazione di saperi, tecnologica e di processi lavorativi nel nostro Paese. Come il resto delle regioni d'Italia, però, oggi paga caro il prezzo della crisi. Il territorio non è più in deflazione, ma la ripresa che vive è una ripresa con poco lavoro. La vertenza Embraco, una controllata del gruppo Whirlpool che produce compressori per frigoriferi, ne è un esempio lampante: si parla di 497 lavoratori licenziati su 537 occupati. “Un sito produttivo che lascia il territorio italiano a causa di una crisi che dura da anni, ma che si è accentuata nel momento in cui la Whirlpool ha sostanzialmente deciso di investire in Slovenia”. A dirlo, ai microfoni di RadioArticolo1 è il segretario generale della Cgil piemontese, Pier Massimo Pozzi.
“È apparso chiaro da subito - ha continuato - che quell'investimento avrebbe portato a una situazione di difficoltà, accelerata dalla scelta di aprire addirittura la procedura di mobilità, lasciandoci soli 74 giorni di tempo per impostare una discussione. Adesso c'è un incontro al Ministero per capire se c'è qualche possibilità di recuperare. Ma la situazione è drammatica, perché riguarda moltissime persone in un'età critica per trovare un altro posto di lavoro”.
La vicenda Embraco, però, pone di nuovo al centro la questione delle aziende che per essere competitive decidono di abbattere il costo del lavoro, invece di innovare. È il filo conduttore che unisce gli stati di crisi di tutte le aziende manifatturiere italiane, anche in un territorio avanzato come quello piemontese. “Pensavamo – ha detto ancora Pozzi – che si fosse in qualche modo superata questa fase. Oggi, nella nostra regione, abbiamo anche situazioni positive, con alcune produzioni che sono rientrate perché le tecnologie avanzate su alcuni sistemi consentono risparmi, attraverso gli investimenti e non con l'abbattimento del costo del lavoro. In Piemonte, infatti, il peso della manifattura rimane ancora molto alto, e può consentire un consolidamento della ripresa grazie alle capacità professionali, alla cultura aziendale e di fabbrica, alla ricerca e allo sviluppo. Tutte queste cose ci sono, bisogna sfruttarle”.
Anche il settore dell'agroindustria, ha un valore aggiunto importante in Piemonte. Ci sono industrie innovative in grado di mettere in campo investimenti decisivi, come la Ferrero che ha acquistato una parte di Nestlé. “Un rafforzamento complessivamente positivo - ha commentato il segretario generale della Cgil piemontese - sia dal punto di vista occupazionale che produttivo, per lo stabilimento di Alba e per gli altri stabilimenti italiani. Ma bisogna anche rilevare che, nella pratica, il fatto che sia diventata una multinazionale può comportare meno sviluppo di quello che c'è stato storicamente. In ogni caso, la Ferrero ha una situazione molto buona. Non ha non mai fatto nemmeno un'ora di cassa integrazione”.
La cronaca di questi giorni, poi, riferisce che in America sono previsti degli investimenti massicci su alcuni stabilimenti Fca statunitensi, con premi di produzione consistenti ai lavoratori. “A Torino e in Piemonte, invece, Fca aumenterà la cassa integrazione perché c'è un abbassamento della produzione di alcuni modelli, con riflessi anche per le aziende dell'indotto. - racconta Pozzi - Evidentemente Fca non è più un'azienda piemontese. Se non si riesce ad avere una nuova cassa integrazione che riguardi le aziende in crisi con più di 100 dipendenti, alla Fiat di Torino finiranno tutti i soldi.”
“Il Piemonte – ha concluso Pozzi - deve salvaguardare il proprio settore manifatturiero, che ha resistito alla crisi. Per farlo, però, ha bisogno che le imprese rimangano nel territorio e investano per superare il gap tecnologico che spesso registrano rispetto ai competitori internazionali. C'è bisogno di aumentare gli investimenti per la fibra, per la digitalizzazione, ma anche per le infrastrutture tradizionali come le strade e le ferrovie”.