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Una regione dai mille contrasti, il Piemonte, con una grande tradizione operaia alle spalle, ma anche una crisi industriale pesantissima con cui dover fare i conti, dove convivono grandi università e innovazione con forme di sfruttamento sul lavoro e caporalato diffuso, presenti anche nelle prestigiose vigne delle Langhe. A ragionare sulle contraddizioni del Piemonte, il segretario regionale Cgil, Massimo Pozzi, stamattina a colloquio con RadioArticolo1.
“In questi anni di crisi – ha esordito il dirigente sindacale –, la nostra regione ha perso il 12% del Pil rispetto alla media nazionale dell’8%; quindi, siamo andati molto peggio, con riflessi negativi sul mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione elevato, e ciò è dovuto principalmente al fatto che la grandissima presenza del manifatturiero metalmeccanico ha avuto un calo consistente. Invece, hanno retto le aziende che esportano, le imprese del mercato dell’auto che prima lavoravano nell’indotto Fiat e sono riuscite a diversificare la produzione. Alcuni settori hanno tenuto, come il manifatturiero agroalimentare, la gomma-plastica, il tessile, e Torino, malgrado tutto - secondo il Censis -, resta il capoluogo di regione più industrializzato d’Italia”.
Per quanto riguarda la Fiat, "ha tenuto il pezzo di produzione auto di lusso, come Maserati e suv – ha specificato il sindacalista –, e nell’indotto molte tecnologie sono rimaste in Piemonte. Ultimamente, la regione è salita agli onori delle cronache per l’utilizzo d’innovazione e tecnologia associate a nuove forme di sfruttamento, penso ai fattorini di Foodora, la startup tedesca di food delivery che consegna via smartphone cibo a domicilio, scesi in piazza il 16 ottobre per protestare contro le cattive condizioni di lavoro imposte dall’azienda. Quei giovani si sono auto-organizzati nella discussione con l’azienda, chiedendo ai datori di lavoro di socializzare sulla loro stessa piattaforma per evitare strumentalizzazioni, ed è un dato significativo di cui noi dovremo tenere conto in futuro. Tale forma di autotutela di protesta è l’unico aspetto positivo legato ai nuovi lavori, che sono oltretutto difficilmente inquadrabili dal punto di vista contrattuale, e lo vedo come un dato di speranza anche per il sindacato”.
“Una bella sfida al cambiamento è anche la nostra iniziativa del 24-25 ottobre, intitolata 4.0 revolution road, organizzata da Cgil nazionale, Cgil Piemonte e fondazione Ebert, dove si parlerà di lavoro, codeterminazione, competitività, libertà e conoscenza nella quarta rivoluzione industriale. La scelta di Torino è importante, perché è la città con la manifattura più forte, con un polo universitario e di ricerca significativo, e nel contempo dalle grandi tradizioni operaie. Quel convegno ci servirà per cominciare a capire cosa vuol dire questa evoluzione, che di sicuro avrà riflessi assai veloci, che vanno molto al di là della semplice modifica dei processi dei prodotti, perché parliamo d’informatica, di digitalizzazione. Sono evoluzioni che chiamano in causa anche i nuovi strumenti di tutela dei diritti dei lavoratori, come dimostra il caso Foodora per l’appunto: penso a tutta la questione del controllo a distanza legato agli strumenti delle nuove tecnologie, sfide davvero inedite anche per noi sindacato”, ha concluso l’esponente Cgil.