La Cgil di Pesaro Urbino ha presentato la 19° edizione dell’osservatorio dei bilanci di impresa. Un appuntamento consolidato e utile per capire l’andamento dell’economia e dell’occupazione, delle principali imprese del territorio provinciale. La ricerca, condotta dall’economista Corrado Paccasoni, che da anni collabora con la Cgil non solo pesarese, è un valido strumento di lavoro sia per i sindacalisti che per le amministrazioni e le associazioni impegnate nello studio per la soluzione dei problemi che affliggono il nostro manifatturiero. L’Osservatorio sui bilanci d’impresa si basa su di un campione composto da 229 aziende appartenenti a tutti i principali settori dell’economia provinciale ad esclusione dell’agricoltura.
I dati indicano che nel 2016 il valore aggiunto complessivamente creato dall’economia provinciale è aumentato,su base annua dello 0,5, arrivando al 2%. Tale variazione risulta allineata a quella delle Marche, mentre in Italia la dinamica risulta leggermente più accentuata (+0,9%). Tutte le principali articolazioni settoriali registrano un’evoluzione favorevole a eccezione dell’agricoltura. Si consolida il recupero delle attività industriali (+1% circa) mentre le costruzioni invertono il trend declinante di lungo periodo segnando un’espansione prossima al +2,5%. Il terziario, invece, sperimenta un incremento di marginale entità. La contrazione cumulata a partire dal 2008 del valore aggiunto totale dell’economia di Pesaro e Urbino è ormai allineata a quella delle Marche, ma entrambe sono più accentuate di quella registrata a livello nazionale. Nello scorso anno, inoltre, nella provincia si è conferma la ripresa dei consumi privati e del reddito delle famiglie, entrambi in crescita, secondo le stime preliminari dell’Istat, dell’1,5% circa.
“Per la prima volta, dopo anni di crisi, proviamo a scrivere la parola opportunità perché, pur in uno scenario complessivamente ancora molto difficile per il nostro territorio provinciale e per le Marche, soprattutto dopo la tragedia che ha colpito le zone terremotate, la lettura approfondita e comparata dei dati ci consegna, in particolare per il manifatturiero, qualche ragione di ottimismo”, osserva Simona Ricci, segretaria generale Cgil Pesaro Urbino. “Il terreno perduto da recuperare è moltissimo – aggiunge – e lo scarto, sia rispetto al resto della regione che con altri territori del Centro Nord, è ancora rilevante, tanto che i segnali positivi che si intravedono non sono affatto sufficienti a recuperare le migliaia di posti di lavoro perduti”.
I posti di lavori perduti sono 15.000 complessivamente, di cui 8.000 dipendenti (dal 2010 al 2016), la maggior parte nel settore industriale. Ma una lieve inversione di tendenza, sia sul fronte occupazionale del manifatturiero, sia sul fronte delle imprese, si intravede. “Le considerazioni che facciamo oramai da diversi anni, ben prima dell'inizio della crisi, si assomigliano”, riprende Ricci: “Un tessuto produttivo fragile, scarsamente capitalizzato, con una scarsa propensione all'investimento e con un valore aggiunto pro-capite ancora molto distante dal resto delle Marche e del paese. Quanto e in che modo il nostro sistema produttivo locale saprà stare dentro i processi innovativi in corso è la vera scommessa sul futuro. Il Piano Industria 4.0, le sue direttrici chiave, investimenti innovativi, competenze, infrastrutture materiali e immateriali, logistica, strumenti pubblici di supporto, applicabili a tutti i settori produttivi, rappresenta proprio questo tipo di scommessa. Noi Cgil, attraverso il progetto Lavoro 4.0, vogliamo stare dentro questo cambiamento che sta già attraversando, non senza lacerazioni, il mondo del lavoro. Il secondo obiettivo che da sempre ci poniamo nell'elaborazione di questo Osservatorio è quello dello sviluppo della contrattazione integrativa. Abbiamo faticosamente lavorato in questi anni per smontare qua e là un po’ di alibi che sostenevano una sorta di impedimento a contrattare nei luoghi di lavoro. E del resto, nello stesso piano Industria 4.0 è scritto a chiare lettere, tra gli obiettivi pubblici, lo scambio salario-produttività”.
In sostanza, la lettura dei dati e delle analisi dell’Osservatorio mostra come la congiuntura economica, in particolare degli ultimi trimestri del 2016 sia positiva per ciò che riguarda l'export e la produzione nei diversi settori del manifatturiero, ma non è sufficiente a recuperare quel gap occupazionale e di imprese che si è creato negli anni, 20mila occupati in meno in 5 anni e 2000 imprese attive in meno dal 2010 al 2016. Il crollo della base occupazionale è stato in questi anni triplo rispetto alla media marchigiana. Grave la situazione della disoccupazione giovanile, sia nella fascia 15-24 sia in quella 25-34 anni. In quest'ultima fascia di età l'occupazione femminile ha avuto un crollo dell'11% in un solo anno. Un mercato del lavoro, quindi, estremamente fragile e sofferente e con una divaricazione di genere e di età molto marcata.
“Fatta eccezione per una ristretta élite di imprese, perlopiù medio-grandi – conclude Ricci – che crescono e investono e, nell'ultimo anno, assumono, il resto del sistema produttivo e del terziario, in particolare commercio e turismo, appaiono ancora in sofferenza e lontano anche dal resto del centro nord che pur ha ricominciato a crescere. Se è vero che sempre più saranno i sistemi territoriali a fare la differenza – infrastrutture materiali e immateriali, capacità di innovazione e ricerca, reti e logistica, formazione e competenze, pubblica amministrazione efficiente e in grado di avere una governance dello sviluppo – la nostra provincia appare davvero in affanno, stretta tra un'identità perduta (quella della piena occupazione dei primi anni 2000, delle piccole imprese diffuse, del distretto del legno mobile) e una nuova identità che non si intravede ancora all'orizzonte”.