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Sana era una donna libera pakistana italiana. Sin da piccola ha vissuto a cavallo di due mondi, come tante sue coetanee che vivono nella nostra città, divise tra le loro radici profonde e che danno sicurezza e il desiderio e la voglia di cimentarsi e provare a misurarsi con il mondo dove sono cresciute e che tropo spesso le respinge. Sono donne che vivono contraddizioni forti, alle quali hanno dato risposte diverse, e rispetto alle quali nessuno può dire cosa sia meglio o peggio.
Non ho conosciuto personalmente Sana, ma ho conosciuto Pinky, Naisha, Fatima, Kishwar, Neima e tante altre donne che mi hanno generosamente svelato il loro desiderio di essere libere. A Sana questo diritto è stato negato dal padre: un uomo che, come tanti altri, non per etnia o credo religioso ma per genere, ha voluto negare il diritto di Sana a essere libera. Sana era una donna libera, italiana e pakistana, che si è misurata con il proprio desiderio di avere un lavoro che le desse indipendenza economica, con il desiderio di tessere relazioni anche amorose con chi voleva lei. Rattrista e indigna che qualcuno strumentalizzi questo dramma mettendola sull'etnico o sul religioso, chiedendo addirittura la chiusura delle moschee, dimenticando che la gran parte dei femminicidi che ancora oggi avvengono in Italia sono compiuti da uomini italiani.
In questa vicenda drammatica è doveroso sottolineare il ruolo e il protagonismo avuto dai tanti amici, uomini e donne, italiani e non, di Sana. È innanzitutto grazie a loro se questa vicenda ha iniziato ad avere visibilità e se, sin dal 21 aprile, molte donne si sono attivate perché il nostro ministero degli Esteri accompagnasse le indagini in Pakistan, atto doveroso nei confronti di una cittadina italiana oltre che donna del mondo e giovane bresciana. A loro, agli amici e amiche di Sana, va il nostro ringraziamento. Con loro piangiamo Sana, giovane ragazza alla quale è stata negata la libertà di vivere, in loro speriamo per un futuro nel quale vicende così drammatiche non accadano più. Italiani e italiane di prima, seconda e terza generazione, nuovi cittadini, stranieri. Insieme, uomini e donne.
Resta aperto, questo sì, il nodo dell'inclusione, di un dialogo tra persone di tante nazionalità, origini e culture diverse. Il papà di Sana era un iscritto alla Cgil di Brescia. Sospeso dal 30 aprile scorso, da ieri è stata avviata la pratica di espulsione. Un piccolo gesto, doveroso ovviamente di fronte a un inaudito omicidio, ma che vogliamo rendere pubblico, per sottolineare che la violenza contro le donne non ha chiaramente diritto di cittadinanza all'interno di un'organizzazione come la nostra. Come Cgil da sempre lavoriamo e promuoviamo dibattito culturale su tali questioni, e tante sono state le iniziative promosse in questi ultimi anni contro la violenza di genere. Consapevoli che il problema esiste, attraversa classi e nazionalità, e riguarda tutti. Uomini e donne.
Silvia Spera è segretaria generale della Camera del Lavoro di Brescia