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Saldo positivo delle assunzioni, crescita economica, ripresa del paese, sono tutti indicatori positivi emersi in queste settimane. Il quadro di fiducia e di ottimismo non prevede "controcanto". Ai numeri che vengono indicati bisognerebbe però aggiungere qualche ulteriore analisi. Il segno positivo relativo alle assunzioni a tempo indeterminato, evidenzia che le imprese hanno reagito - e di questo purtroppo non siamo sorpresi - al contratto definito impropriamente a tutele crescenti che abolisce l’art 18 per i neo assunti e agli sgravi contributivi.
Inoltre sarebbe utile dire che questo dato convive con altri numeri che indicano come non siamo di fronte a occupazione aggiuntiva, ma parte delle assunzioni "stabili" sono trasformazioni di contratti a termine già presenti anche strutturalmente nelle aziende. La stabilità, sbandierata con la riforma del mercato del lavoro, prevede agevolazioni alle imprese, ma non prevede evidentemente troppi interrogativi sulle altre componenti della qualità del lavoro (non è rilevante evidentemente sapere se il contratto di assunzione è a tempo pieno o part time ciclico magari a 20 ore settimanali).
A questo si aggiunge che il saldo positivo delle assunzioni è ancora costituito da una maggioranza di contratti a termine e precari. Con realismo fotografiamo che interi settori, soprattutto legati alla domanda interna, non vedono segnali positivi neppure per il 2015 con effetti che continuano a concretizzarsi in crisi aziendali e licenziamenti. La ricetta più praticata resta drammaticamente e in maniera non risolutiva quella della compressione del costo del lavoro. Da qui è necessario partire per comprendere che la creazione di lavoro, potendo parlare anche di qualità del lavoro, resta legata alla capacità degli investimenti che producono crescita ed occupazione.
Ma il tema degli investimenti pubblici e privati è latitante. Continuiamo a sostenere che per essere ottimisti dovremmo realmente valorizzare la scuola, l'università, la ricerca, l'innovazione tecnologica, parlare di quale modello industriale si vuole orientare, smettere di sottovalutare e impoverire la risorsa del turismo e dei servizi. Se il piano di rilancio ha queste caratteristiche ci sarebbe una forte iniezione di fiducia e di concretezza per aggredire la disoccupazione soprattutto quella giovanile, e costruire le risposte alla condizione di povertà e alle disuguaglianze che restano, quelle si, con percentuali negative non tollerabili.
* segretario generale Filcams Cgil
» Diario Terziario giugno 2015:
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