C'è un nome che il governo, ed in particolare il ministro Poletti e il sottosegretario alla Presidenza Tommaso Nanniàcini, impegnati nel confronto con i sindacati sulla riforma delle pensioni, dovrebbero tenere bene a mente: è quello di Giuseppe Marchiano, un edile di 66 anni che la scorsa settimana è morto dopo essere caduto da un ponteggio a Carini, in Sicilia. Ad affermarlo è Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil (eletto lo scorso 21 luglio alla guida del sindacato degli edili), che in una nota ricorda la drammatica vicenda dell'operaio deceduto sul lavoro.

"Dopo più di 40 anni di lavoro, Giuseppe, così come gli altri 11 lavoratori ultra sessantenni morti nel 2016 a seguito di incidenti sul lavoro nelle costruzioni, avrebbe dovuto stare a casa con i nipotini, a godersi un giusto riposo, non stare sotto il sole cocente sopra un’impalcatura" afferma Genovesi, ricordando che "i lavori non sono tutti uguali, le aspettative di vita non sono uguali se si lavora in cantiere o dietro una scrivania, l’usura a cui il corpo e la mente sono sottoposti non sono uguali se si scavano gallerie o si insegna all’università".

Per il segretario della Fillea Cgil "servono quindi fatti concreti, criteri chiari e trasparenti che riconoscano il diritto dei lavoratori che hanno iniziato a lavorare sin da giovani, che hanno una minor aspettativa di vita, che svolgono lavori usuranti affinché possano andare in pensione prima e senza penalizzazioni  - conclude il numero uno Fillea -  per fare ciò servono risorse aggiuntive significative, perché mai come in questo caso di troppa austerità si sta morendo".

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