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Passione, amore, dedizione. Quando si parla con gli infermieri sono queste le parole più usate per descrivere il loro lavoro. Un mestiere - potremmo dire una missione - tra le più importanti e utili per il bene della comunità. Eppure allo stesso tempo si registra uno scarto tra come questo lavoro viene descritto e lo stato in cui effettivamente versa, insieme a tutto il vasto mondo della sanità, dopo 10 anni di crisi e di scelte politiche scellerate. Come stanno gli infermieri? Questa la domanda dalla quale siamo partiti per ‘"celebrare" la Giornata internazionale dell’infermiere, raccogliendo storie e dati.
Professionisti chiamati a lavorare in condizioni al limite, gli infermieri sono un tassello importante di un servizio, quello sanitario, che si fonda su un complesso di figure altrettanto cruciali. E come per l’intero mondo della sanità gli infermieri sono in numero insufficiente tale che li costringe a prolungare di svariate ore i turni di lavoro. Sono lavoratori pronti a garantire la salute dei cittadini e che finiscono per perdere la propria a causa di ritmi di lavoro massacranti. Con un turn-over bloccato da anni che vede giovani laureati nel limbo del precariato o dell’attesa e, allo stesso tempo, infermieri "senior" al limite delle proprie forze.
Queste le parole con cui Barbara Francavilla, 40 anni, infermiera all'Ospedale San Carlo di Roma, racconta i sacrifici della sua professione: "Sicuramente il nostro è un lavoro che fai perché ti piace - premette Barbara -. Quando scegli questa professione sai di dover fare delle rinunce. La conciliazione dei tempi di vita-lavoro è inesistente. Durante un turno può non arrivarti il cambio del collega, che magari ha avuto dei problemi, e non puoi andar via perché il diritto all'assistenza ai malati, che per noi è la priorità, deve essere garantito Per non parlare della difficoltà delle maternità. Io non ho figli, ma vedo le mie colleghe tornare a lavorare e non riuscire più a sostenere quei ritmi. Mamme che, stanche, si sbattono tra turni impossibili e la propria famiglia. Cose che dovrebbero essere normali nella vita di una persona qui sono vere e proprie conquiste”.
La grave carenza di organico che caratterizza il settore può comportare situazioni lavorative di difficile gestione. “Alle volte - spiega ancora Barbara - si lavora in condizioni veramente assurde. Ci sono reparti con 45 posti letto in cui, di notte, sono in servizio solo due infermieri. Sfido chiunque a riuscire a offrire la giusta assistenza. Noi dovremmo erogare salute, erogare qualità. Ed è svilente dover erogare invece un servizio arrangiato. È denigrante sentire di non riuscire a dare ciò che veramente vorremmo”. Un'altra questione dirimente è il lavoro per i giovani (e la lontana prospettiva della pensione): "Conosco tanti infermieri laureati che non trovano lavoro – aggiunge Barbara -. E tanti infermieri di 55-60 anni ormai logori. Bisognerebbe mandare in pensione chi questo lavoro lo ha fatto degnamente per moltissimi anni e non è più in grado di sostenere questi ritmi”.
Non solo le storie, ma anche i numeri descrivono lo stato di una professione ancora molto ambita. Sono diecimila i nuovi infermieri che entrano nel mercato del lavoro ogni anno: un numero che però non può bastare, secondo le stime della Funzione Pubblica Cgil. In un report specifico sullo stato del servizio sanitario e sui servizi offerti ai cittadini la Fp ha analizzato in dettaglio la variazione dell'occupazione, in parallelo con il blocco del turn over, dal 2009 (dato preso come riferimento perché ultimo rinnovo contrattuale) al 2015. In questo lasso di tempo su una flessione di oltre 40 mila lavoratori, gli infermieri hanno pesato per 10.300. L’emorragia di un quarto della forza lavoro della sanità è rappresentata dagli infermieri. Per colmare questo gap, anche alla luce di una carenza pregressa, bisognerebbe assumere per la Fp Cgil almeno 25 mila infermieri nel prossimo triennio per evitare il collasso, passando per la urgente stabilizzazione di circa 11 mila infermieri precari impegnati nella professione.
Ma torniamo alle storie: Patrizia Nardini dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Sant'Anna di Cona, che di anni ne ha 53, racconta il lavoro dell'infermiera dall'alto della sua esperienza professionale. "Faccio l'infermiera da 33 anni e ho scelto questo lavoro per vocazione – racconta Patrizia –. Ritengo che la professionalità sia fondamentale, ma credo che chi fa questo mestiere debba avere anche una carica umana che forse non tutti sono portati ad avere. Io l'ho scelto tanti anni fa e lo faccio ancora con tanta passione nonostante le difficoltà che ci possono essere”. Ma quali sono queste difficoltà? "È un lavoro impegnativo, che richiede attenzione e comporta un dispendio di energie non da poco. Si lavora spesso in ordinario ma anche nell'emergenza, nell'urgenza e per persone un po' più avanti con l'età come me comincia ad essere abbastanza faticoso. Così come è faticoso conciliare il lavoro con la mia vita personale, anche perché ho dei genitori anziani che richiedono assistenza. A 53 anni le energie calano e quando si arriva a casa non si ha la forza di fare altro”.
Un problema tira l'altro e il blocco del turn-over provoca non pochi disagi: giovani laureati che non riescono ad accedere al mercato del lavoro e infermieri in età avanzata sempre più stanchi e talvolta in condizioni di mancata idoneità fisica per svolgere alcune mansioni. Insomma, sempre meno infermieri e sempre meno giovani. Un circolo vizioso, nel quale si innesta la deriva del precariato, che deve essere fermata. Secondo Patrizia l'assunzione di forze giovani gioverebbe senz'altro alla sua azienda e al servizio che offre: "Nella mia azienda l'età media è di circa 50 anni. I giovani devono essere coinvolti nelle prossime assunzioni: Una persona giovane ha stimoli, aspettative professionali e un'energia diversa che sicuramente sono una ricchezza”.
Ciò che più stupisce, umanamente, è che l'atteggiamento del personale infermieristico nei confronti del proprio lavoro non cambia. E non sono le condizioni di lavoro difficili ad interrompere quel senso di responsabilità che accomuna chi ha scelto questa professione.“Svolgo il mio lavoro con coscienza, con umanità e il mio obiettivo principale è sempre il paziente - precisa Patrizia -. Non sempre è facile, a volte ci sono problemi organizzativi che rendono tutto complicato. Migliorare l'organizzazione significherebbe migliorare la qualità assistenziale. Per questo nelle sedi opportune devono essere fatte le adeguate rimostranze e richieste. Ma nel momento in cui ho un paziente davanti penso sempre a fare la cosa giusta per quel paziente. Tutto il resto viene dopo”. E anche nelle parole di conclusive di Patrizia risalta sempre all'occhio l'amore per il suo lavoro. "Ricordo tutti i miei pazienti. Non dimentico quasi mai i volti, anche se ne dimentico i nomi”.
Da anni la Fp Cgil punta il dito contro le politiche di "contrasto alla crisi", almeno così vengono vendute, che si traducono sempre in una revisione della spesa pubblica. “Lungo tutti questi anni di difficoltà, caratterizzati dalla scelta miope di rispondere alla crisi tagliando sui servizi pubblici, il Servizio sanitario nazionale ha resistito grazie a queste persone in carne e ossa, che ora meritano di essere valorizzate”, afferma la segretaria nazionale della Funzione pubblica Cgil, Cecilia Taranto, che sul tema della valorizzazione precisa: “Certo a partire dalle loro retribuzioni ma qui si tratta di ‘prendersi cura’ del personale sanitario tutto, metterlo in sicurezza”.
Insomma, c'è un vasto spettro di azioni da intraprendere, che vanno dalla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro ai giusti riconoscimenti relativi alle professioni svolte. Dove affrontare questi temi? “Nel contratto, la contrattazione deve tornare a occuparsi della condizione dei lavoratori. Ed è per questo che vanno avviate immediatamente le trattative per il rinnovo, per dare risposte certe e veloci a questi temi. Insomma – conclude Taranto – contratto subito!”.