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“Aperti anche a Pasqua e Pasquetta”. Sono migliaia gli esercizi commerciali, dai ristoranti, ai supermercati, ai centri commerciali, che da giorni annunciano su volantini e inserti pubblicitari le aperture nei cosiddetti “super rossi”, i giorni festivi per eccellenza. Per questo Filcams, Fisascat e Uiltucs hanno proclamano uno sciopero per domenica 1 aprile e lunedì 2, che si svolgerà in diverse regioni italiane.
La decisione è stata presa per opporsi di nuovo alle “liberalizzazioni selvagge”, e per una Pasqua e una Pasquetta libere dal lavoro. Le regioni interessate sono Emilia Romagna, Toscana, Puglia e Lazio. La parola d'ordine è quella che le sigle del commercio delle organizzazioni confederali hanno lanciato ormai diversi anni fa: “La festa non si vende”. Non è infatti la prima volta che vengono chiamati i lavoratori a incrociare le braccia nei giorni di festa. E non sarà l’ultima, visto che Filcams, Fisascat e Uiltucs di Roma e del Lazio si sono portate avanti in vista delle prossime giornate festive e hanno già proclamato lo sciopero per il 25 aprile e il 1° maggio.
“La completa liberalizzazione degli orari e delle aperture domenicali e festive, anno dopo anno, si sta rivelando disastrosa, non ha portato nessun aumento dell’occupazione e nessun aumento dei consumi, come dimostrano i tanti negozi dei centri storici chiusi e le procedure di licenziamento fatte dalle aziende della grande distribuzione, anche quelle che hanno scelto il 'sempre aperto h24'”, affermano Filcams, Fisascat e Uiltucs Toscana .
Negozi chiusi anche in Puglia, dove i sindacati, nel proclamare lo stop per l'intero turno di lavoro per il giorni 1 e 2 aprile, scrivono: “Non è accettabile l'atteggiamento delle aziende della grande distribuzione che hanno di fatto peggiorato le condizioni di lavoro e di vita familiare dei lavoratori e delle lavoratrici".
“La disponibilità al lavoro festivo è una scelta libera e autonoma di lavoratrici e lavoratori. Recenti sentenze confermano questa nostra impostazione, secondo la quale il datore di lavoro non può imporre al dipendente di lavorare in una giornata festiva e definisce illegittima l'eventuale sanzione disciplinare a punizione del rifiuto al lavoro festivo, se non vi sia stato preventivamente un assenso di quest’ultimo”, affermano poi Filcams, Fisascat e Uiltucs dell'Emilia Romagna.
Come noto, la liberalizzazione degli orari introdotta nel 2011 con il Decreto “Salva Italia” ha eliminato ogni vincolo e regola in materia di orari commerciali. La discussione nell’ultima legislatura si è fermata alla X Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato, con un articolato normativo che se da una parte permetteva agli enti locali e alle parti sociali di ridiscutere di orari di apertura degli esercizi commerciali nei territori, dall’altra, non ponendo vincoli, se non la chiusura in sole 6 festività, sostanzialmente non risolveva la questione.
Il problema è di gestione di turni, ma anche di salari. Chi ha un contratto atipico in queste giornate non percepisce straordinario e festivo in busta paga. Chi ha un contratto ha anche vantaggi, economici, a lavorare di domenica e nelle giornate festive. Maria Grazia Gabrielli, segretario generale della Filcams ha spiegato: “Non abbiamo mai pensato a una soluzione che passi attraverso il ripristino della totale chiusura degli esercizi commerciali, ma l’eccesso di liberalizzazione prodotto dal 2011 è appunto un eccesso che non serve al mercato e ha prodotto un peggioramento delle condizioni di lavoro delle persone che lavorano in quelle strutture”.
Per questo, i sindacati ricordano ai lavoratori che “sulla base delle norme contrattuali vigenti, e alla luce delle recenti sentenze della Cassazione, potranno rifiutarsi di effettuare prestazioni lavorative in tutte le festività, senza incorrere in nessuna sanzione”.