Il vice ministro alle Infrastrutture Riccardo Nencini ha incontrato oggi (13 febbraio) i lavoratori della Fiom dei Cantieri Navali e di AnsaldoBreda impegnati in un sit-in davanti ai locali della Stella Maris per il convegno organizzato dall’Autorità Portuale. La manifestazione è stata organizzata per spingere sia il presidente della Regione Rosario Crocetta che il vice ministro a investire i fondi dello sblocca-Italia per i porti anche sul bacino di carenaggio da 150 mila tonnellate, opera incompiuta che giace da più di 30 anni all’interno del porto di Palermo.

Un’opera iniziata a fine anni Settanta e interrotta nel 1982. Da un mese e mezzo è in corso un’opera di bonifica: l’appalto da 26 milioni se l’è aggiudicato l’impresa Trevi di Cesena. “E stata l’occasione per chiedere al vice ministro di valutare positivamente questo progetto, fondamentale per dare impulso al Cantiere alla luce dei nuovi piani di Fincanteri. Altrimenti saranno 26 milioni buttati via - dichiara Francesco Foti, della segreteria Fiom Cgil di Palermo e Rsu al Cantiere Navale - Abbiamo consegnato al vice ministro un nostro documento sulle vertenze aperte nel settore della metalmeccanica tra Palermo e provincia e lui si è impegnato a convocare un tavolo al ministero con l’Autorità portuale, il Comune di Palermo, la Regione Sicilia e sindacati. Se si raggiunge un’intesa, si parte con l’accordo quadro”.

Per completare l’opera – di cui sono state innalzati solo i muri portanti - servono 80 milioni di euro. “Nel decreto sblocca Italia c’è la possibilità che questo finanziamento venga attribuito a questo opera, se sarà riconosciuta la sua importanza. L’Autorità portuale ha spedito il progetto al ministero delle Infrastrutture. Circa 4 anni fa, con l’ex assessore all’Industria Marco Venturi la Regione a un tavolo si era impegnata a fare la sua parte. E anche Fincantieri dichiarò di essere disponibile a realizzare l’allestimento del bacino con gru, impianti elettrici idrici e impianti accessori, con un investimento pari a 10 milioni. L’opera consentirebbe di costruire, riparare e trasformare navi di qualsiasi dimensione e darebbe lavoro a migliaia di lavoratori dell’indotto. Oggi utilizziamo solo un bacino: due bacini usati contemporaneamente consentirebbero una lavorazione di ben più ampio respiro”.