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La crisi del cemento nella Bassa Padovana ha raggiunto dimensioni drammatiche. Le cementerie rimaste attive nel Nordest sono la Cementeria di Monselice, la Cementizillo di Fanna in provincia di Pordenone e la Cementirossi di Pederobba in provincia di Treviso. Nel 2007, ossia all'inizio della crisi economica, erano presenti nella stessa area geografica 11 cementerie. Se nel Nordest la produzione di cemento era di 1015 chili per abitante nel 2007, nel 2015 è scesa a 340/350 chili procapite. Una situazione destinata ad ulteriori assestamenti dopo il perfezionamento dell'acquisizione di Italcementi da parte del colosso tedesco Heidelberg. Non va meglio nell'edilizi, nel legno e nelle costruzioni in generale. I dati sono emersi oggi, 8 febbraio, nel corso del confronto tra lavoratori, sindacati e i parlamentari padovani sulla crisi di Italcementi di Monselice e Cementizillo di Este. A fare gli onori di casa c'era il Vicesindaco del Comune di Este Stefano Agujari Stoppa; erano presenti Dario Verdicchio, Segretario generale della Fillea Cgil di Padova, Rudi Perpignano per la Filca Cisl; hanno partecipato gli onorevoli Gessica Rostellato, Alessandro Naccarato, Giovanni Paglia, Giulia Narduolo e il senatore Giorgio Santini. L'invito era rivolto a tutti i parlamentari del territorio provinciale.
"I parlamentari - si legge in una nota della Cgil di Padova - hanno espresso unanimemente solidarietà e vicinanza ai circa 150 lavoratori che rischiano di restare a breve senza lavoro e senza nessun sostegno per vivere dignitosamente e sostenere le loro famiglie. E' stata poi manifestata forte preoccupazione anche per l'indotto, visto che la chiusura delle aziende più importanti e la perdita di un numero così ingente di stipendi nel territorio non potrà che avere importanti ricadute negative anche su tante piccole imprese ed esercizi commerciali".
Deputati e senatori hanno inoltre dimostrato "condivisione e sostegno" alle organizzazioni sindacali per la vertenza aperta con Cementizillo e Italcementi, rendendosi "disponibili a sostenere una manutenzione degli accordi già in atto in modo da ottenere miglioramenti per i lavoratori". E' stata anche ventilata la possibilità di un prolungamento degli ammortizzatori sociali, in deroga a quanto prevede il Jobs Act. "Tutto ciò diventa praticabile - scrive ancora la Cgil - se si sostiene l'impegno della Regione per la convocazione di un tavolo al Ministero dello Sviluppo economico, che faccia rientrare la Bassa padovana tra le Aree di crisi industriale non complessa”. Si tratta - spiega il sindacato - di un Istituto previsto legislativamente, ma per il quale mancano i decreti attuativi, che vanno predisposti al più presto.
“Questo è un momento decisivo – hanno dichiarato Dario Verdicchio e Rudi Perpignano – per il futuro dei lavoratori, delle loro famiglie e di tutta la Bassa padovana. Saremo in grado di affrontarlo nel modo giusto solo se tutti faranno sistema, faranno squadra. Non servono a nulla iniziative personalistiche, protagonismi, strumentalizzazioni, proposte velleitarie. Bisogna andare avanti tutti insieme e alla luce del sole. Occorre una soluzione immediata per i lavoratori che perderanno il lavoro tra pochi mesi. Una soluzione che va fatta rientrare dentro un quadro di compatibilità che solo l'azione congiunta degli attori sociali, delle Istituzioni locali, della Regione, dei Parlamentari, del Governo nazionale può rendere possibile. Dobbiamo ispirarci alle Intese programmatiche d'area (Ipa) che in alcune realtà funzionano e contribuiscono a promuovere un modello di sviluppo in grado di superare le difficoltà di questi anni. L'Ipa esiste anche nella Bassa padovana, ma non è mai decollata a causa della frammentazione istituzionale che vede 46 amministrazioni comunali faticare a trovare una sintesi nell'interesse delle loro comunità. In uno scenario così complicato, vanno messi da parte i campanilismi e dobbiamo lavorare tutti nella stessa direzione, con coraggio e lungimiranza, nella convinzione che possiamo farcela a costruire un futuro migliore per tutti”.