Il Decreto attuativo 150/2009 rende applicativa la legge 15/2009, meglio conosciuta come la riforma “Brunetta”. Il testo porta il seguente titolo “ Decreto legislativo di attuazione della legge 4 aprile n.15 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”.
Il provvedimento riguarda tutti i settori della Pubblica Amministrazione (3,5 milioni di dipendenti pubblici), incide pesantemente sulle relazioni sindacali, limitando la contrattazione decentrata e il ruolo delle Rsu, espressione democratica della rappresentanza dei lavoratori.
Il testo normativo analizzato al vaglio dell'attuale contesto finanziario, presenta alcune contraddizioni di fondo. Da un lato, si prefigura un sistema di produttività che dovrebbe comportare virtuosismi anche sotto il profilo economico (legge a costo zero), dall'altro invece, si riducono le risorse (vedi scuola, università, enti locali, giustizia, sicurezza), non si registrano misure contro l'esternalizzazione dei servizi, si interviene su quei settori cardine della pubblica amministrazione come la scuola primaria e il Servizio sanitario nazionale, definiti dagli organismi internazionali come modelli di qualità.
Si procede attraverso un modus operandi caratterizzato dallo stile impositivo, senza sperimentare un processo di condivisione con le parti interessate, in modo particolare la Cgil, il sindacato più rappresentativo. Il concetto di condivisione non indica solo la linea di distinzione del sindacato in questione, ma si concretizza nell'effettiva applicabilità delle norme all'interno di sistemi lavorativi complessi, dove oltre alle peculiarità professionali, intervengono dinamiche di carattere inclusivo riguardanti il personale con ridotte idoneità e con problematiche di salute.
Già nel 1939, lo psicologo sociale Kurt Lewin, aveva descritto lo stile di management democratico come l'unico in grado di incentivare i lavoratori sulla condivisione della mission e di conseguenza sul raggiungimento degli obiettivi aziendali. I dati dalla ricerca inglese del Charte Institute of Management, rivelano che circa il 50% dei lavoratori non solo decide di lasciare il posto di lavoro per scarsa condivisione dello stile di leadership, ma spesso preferisce uno stipendio più basso per uno stile di leadership etico, che riflette meglio i suoi valori e stili di vita.
In una fase di crisi economica, la Pubblica Amministrazione che rappresenta l'ossatura democratica di un Paese, è chiamata a svolgere un ruolo centrale nell'erogazione di servizi di qualità, sopratutto negli ambiti di grave disagio sociale. Lo stesso Brunello Cucinelli, recentemente premiato con il titolo di “imprenditore dell'anno”, dichiara che per affrontare al meglio la crisi economica, bisogna investire sulle risorse umane e la loro creatività.
Nel dispositivo normativo sono previste tre fasce di merito. Il 25% del personale (fascia più bassa), “per norma” potrebbe non rientrare nel sistema premiante. Immaginiamo un ufficio pubblico periferico con 20 dipendenti che fornisce servizi d'eccellenza, e dove tutti collaborano con efficienza: a chi assegnare la fascia più bassa? Viene spontaneo suggerire l'opportunità di una valutazione centrata maggiormente sul servizio erogato, piuttosto che sul singolo dipendente.
Nel testo predomina il termine produttività, concetto assimilabile principalmente all' economia di produzione: si tratta in linea generale del rapporto tra quantità di input immessi nel sistema produzione e quantità di output finali.
Chi vive la complessità dei servizi pubblici, sopratutto nell'ambito dei servizi alla persona, è legittimamente predisposto a indirizzare il profilo professionale in termini di qualità, dato che il rapporto di lavoro si svolge prevalentemente in relazione al fattore umano, e il valore delle prestazioni si misura sia su dati soggettivi, che su dati oggettivi.
L'elemento qualità informa i suoi contenuti su formazione continua, confronto, esperienza, senso d'appartenenza e verifica da parte dell'utenza. Risulta più difficile da “misurare”, ma nell'ambito dei servizi di pubblica utilità è prioritario rispetto all'immediata contabilità, perché la sua carenza comporta un aggravio di costi a lungo termine come spesa di ritorno.
I profili di incostituzionalità comprendono gli orari di reperibilità malattia differenti dagli altri lavoratori, insieme alla normativa nazionale che legifera su materie di pertinenza regionale (es. sanità) e all'ipotesi del requisito di residenza nei concorsi pubblici.
Il Giuramento “fedeltà alla Repubblica, alla Costituzione e alle leggi”, ripensato per i neo assunti, è un atto scontato, perché nel diritto di cittadinanza è implicito l'atto di fedeltà, pena le norme dell'ordinamento giudiziario.
Una proposta ragionevole invece, potrebbe concretizzarsi in un “patto d'alleanza” sui principi e gli obiettivi di servizio tra il neo assunto, un rappresentante della dirigenza e uno dei cittadini.
In questa prima fase di mutamento normativo, l'attenzione dei lavoratori si è concentrata sulle fasce orarie di reperibilità nelle assenze per malattia. Non è ancora matura la visione d'insieme connessa ai provvedimenti che incidono sul ruolo dei sindacati, della contrattazione integrativa, delle risorse economiche e delle norme disciplinari. Il malessere serpeggia in forma di frustrazione da parte di quell'ampia fascia di dipendenti che sperimentano forme restrittive dei diritti a causa di sacche marginali distinguibili per i comportamenti antitetici al servizio pubblico.
Nonostante la presa mediatica del tema in questione e lo smarrimento dei lavoratori, l'azione della FpCgil nel corso dell'ultimo anno, è stata chiara e lineare: forme di mobilitazione e sciopero ispirati ai principi di partecipazione, dignità del lavoro e qualità del servizio pubblico,
Sul piano delle prospettive restano le iniziative finalizzate a rendere più visibile il ruolo del sindacato sia nelle azioni di contrasto, che in quelle di proposta per l'efficienza della Pubblica Amministrazione.
Tra queste:
una mobilitazione nazionale in cui la Cgil evidenzia i potenziali rischi della riforma nei confronti dei cittadini;
un tavolo permanente tra dirigenti sindacali, amministratori, giuristi, esperti della PA, rappresentanze dei cittadini, per definire le linee programmatiche sul nuovo modello di funzione pubblica, monitorare le attuali buone pratiche sul territorio nazionale, proporre moduli di formazione, indicatori di qualità e sviluppo professionale in linea con gli stantard europei;
gli interventi mirati a migliorare l'organizzazione, la salute e la sicurezza sul lavoro (a un ambiente di lavoro sano e motivante corrisponde la riduzione dell'assenteismo);
un coinvolgimento mirato alla sensibilizzazione sull'evoluzione normativa, attraverso una informazione interattiva, capillare e diversificata;
l'esercizio rigoroso delle applicazioni giuridico contrattuali rispetto ai comportamenti scorretti dei dipendenti;
Le priorità dei lavoratori e dei cittadini in questa fase, non sono le rancorose rincorse alle percentuali di malattia (la tendenza negli ultimi vede avvicinarsi gli indici di assenza a quelli dei privati) ma la lotta alla corruzione nella Pubblica Amministrazione che grava sulla spesa pubblica con oltre 50 miliardi di euro l'anno, senza trascurare il recupero salariale degli stipendi tra i più bassi della Comunità europea.
La stabilizzazione di oltre 153 mila precari nella PA, dovrebbe rientrare nei programmi di legge al fine di favorire il processo di identificazione dei lavoratori nei confronti delle mission aziendali e quindi ridimensionare turn over e assenteismo.
Il futuro della PA passa attraverso il superamento di alcune contraddizioni interne alla legge 15/2009, la scelta di investimento sulle risorse umane e l'affermazione del concetto di qualità-efficienza che prevalga sul modello industriale di produttività. Un futuro che richiede il processo di condivisione con le parti interessate attraverso la graduale dialettica delle idee insieme alle ricadute sul piano pratico.
Per la segreteria Fp Cgil Sanità Pubblica di Parma
Pasquale La Torre
P.a., superare la riforma Brunetta
Una proposta dopo i provvedimenti del ministro sul settore pubblico: migliorare organizzazione, salute e sicurezza. Poi "informazione capillare" sulle leggi, applicare le norme sulle prassi scorrette. I sindacati vanno coinvolti in un confronto permanente
11 gennaio 2010 • 00:00