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È il giorno della protesta dell'Eni. Oggi (13 maggio) scioperano per 8 ore tutti i lavoratori del gruppo e di Saipem, con manifestazione nazionale a Roma. Lo stop, proclamato da Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, è stato deciso per difendere il futuro della chimica italiana. È la nuova tappa di una lunga mobilitazione: la vertenza non si ferma, hanno detto i sindacati, perché c'è in ballo la sopravvivenza del settore. La precedente mobilitazione, quella del 20 gennaio, aveva fatto registrare adesioni altissime. A Roma i lavoratori si sono dati appuntamento in mattinata a piazza della Rotonda (Pantheon), presenti anche le segreterie di Cgil, Cisl e Uil.
Nel pomeriggio si è poi tenuto l'incontro alla presidenza del Consiglio dei ministri tra le sigle sindacali e i rappresentanti del governo, conclusosi con un impegno dell'esecutivo a seguire attentamente la vicenda Versalis. I sindacati hanno esposto tutte le loro preoccupazioni a Claudio De Vincenti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, e Teresa Bellanova, viceministro allo Sviluppo Economico. "Il governo ci ha promesso che seguirà attentamente la vicenda – spiega il segretario generale della Filctem Cgil Emilio Miceli – ma è ovvio come sia Eni a decidere” delle sorti di Versalis. “Noi comunque non ci fermiamo qui, continueremo la nostra battaglia", conclude il leader della Filctem.
II prossimo 18 maggio ci sarà l'atteso incontro tra l'amministratore delegato del Cane a sei zampe Claudio De Scalzi e i sindacati. Infine, nei giorni immediatamente successivi, il coordinamento di tutti i lavoratori Eni per fare il punto.
Miceli (Filctem Cgil): "Non si può cedere l'Eni a una società con sede in un paradiso fiscale"
La giornata
Al centro dei timori c'è un possibile passo indietro del cane a sei zampe, sia sul versante dell'occupazione che degli investimenti nel nostro paese. "Quello che si delinea – dicono i segretari generali Emilio Miceli, Angelo Colombini, Paolo Pirani – è un piano di alleggerimento di Eni: dopo Saipem, Versalis e il comparto retail di Gas&Power. È dunque il ridisegno del gruppo energetico il vero tema al centro della mobilitazione di questi mesi e dello sciopero". L'Eni deve tornare ad un comportamento più responsabile. "il nostro ruolo – proseguono i segretari – è quello di richiamare Eni ad attuare gli investimenti previsti dal piano, al suo ruolo di attore fondamentale dell'industria italiana per lo sviluppo del paese. Siamo quindi contrari ad una operazione avventurosa e rischiosa come quella che vedrebbe la chimica italiana in mano ad un fondo americano – Sk Capital – che noi consideriamo un interlocutore non credibile, sia finanziariamente che per capacità industriali". La cessione "sarebbe un autogol - a loro avviso - per l'industria e un colpo mortale alla manifattura italiana: è bene che Eni interrompa subito la trattativa".
"E' sempre il solito problema: possiamo cedere la chimica italiana ad un gruppo con la sede fiscale alle Cayman o in Delawere? Secondo noi no". La pensa così Emilio Miceli, segretario generale Filctem Cgil. Miceli ricorda come "300 economisti di tutto il mondo abbiano chiesto recentemente l'abolizione dei paradisi fiscali. Eni che ne pensa di tutto questo? Deve dire da che parte sta. Se vale il principio del 'pecunia non olet' va bene, ma almeno si esponga. In tal caso, vorremmo sapere anche cosa ne pensa il governo". Miceli sottolinea che nelle sue parole "non c' è moralismo, temiamo solo che chi vive in un paradiso fiscale, dal punto di vista etico, possa essere capace anche di distruggere la chimica italiana", conclude (qui la sintesi del suo intervento).
"Insistiamo con la nostra preoccupazione: è in corso una trasformazione dell'Eni, che sta abbandonando le sue attività industriali in Italia". Lo dice Susanna Camusso, segretario generale Cgil, in piazza oggi al Pantheon vicino ai lavoratori della chimica. "È una vertenza infinita – spiega – perché per mesi il governo è stato silente e non è mai intervenuto. Siamo sempre più costernati per questa trattativa con un'azienda nota per i suoi paradisi fiscali".
"Non ci stiamo, non accetteremo mai la svendita", insiste il leader Uiltec Paolo Pirani: "Il prossimo 18 maggio incontreremo De Scalzi per ribadire questa nostra posizione, per difendere il futuro industriale del nostro paese. Ma il governo non può continuare a svolgere un ruolo di spettatore quando allo stesso tempo è percettore di lauti dividendi. Eni deve tornare a fare imprese e smetterla di fare finanza. Lo diciamo oggi con forza, non ci fermeremo, la ragione è dalla nostra parte".
Sul palco della manifestazione romana le testimonianze dei lavoratori. "Sk Capital – spiega Massimiliano Muletti giunto da Porto Torres – garantisce la poltrona di alcuni, non i posti di lavoro. E non garantisce gli investimenti legati all'innovazione. Nessun dirigente Sk è mai venuto a vedere i nostri impianti, questa è la prova che non hanno un reale interesse". A Porto Marghera fino a pochi anni fa c'erano 9mila operai, oggi ne sono rimasti solo 2.500. Racconta uno di loro, Vittorio Caleffi: "Eni sta andando in alcuni siti per dire che tutti saranno protetti, cerca di dividere i lavoratori chiedendo di non aderire allo sciopero. Ci aveva promesso investimenti nella chimica verde, ma questo non è mai successo. Ricordo a tutti che dietro agli impianti c'è un indotto imponente".
ultimo aggiornamento alle ore 16.20
A cura di M.Minnucci e S.Iucci