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La decisione di estendere il numero chiuso anche ai corsi di laurea di indirizzo umanistico presa ieri dal Senato Accademico dell’Università Statale di Milano è una scelta "irresponsabile e sbagliata". Ad affermarlo è Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil nazionale, che osserva come, a partire dal prossimo anno accademico, "tutti i 79 corsi di laurea di uno tra i più prestigiosi atenei italiani ed europei diventano a numero chiuso".
"Così - prosegue il segretario Flc - non solo l'Università pone uno sbarramento di censo, alzando vistosamente le tasse, senza tutelare il diritto allo studio, ma lo estende sulla base di un frainteso senso della 'meritocrazia', termine ideologico, di moda ma quanto mai sbagliato e pericoloso. A nulla è servita la vigorosa protesta di studenti, docenti e personale. A nulla è servito l'appello di decine di intellettuali, forze politiche, sociali e sindacali, ad evitare una decisione che non ha alcun tipo di ragionevole giustificazione. Anzi. Si è voluto, da parte del rettore e di 17 senatori accademici andare allo scontro, andare alla prova di forza".
Questo voto dà, secondo Sinopoli, un brutto segnale alla società intera: "L'alta formazione universitaria - osserva - è limitata agli studenti che abbiano i mezzi economici e che riescano a superare la tagliola dei quiz. Eppure, sarebbe bastato leggere l'intervista che ieri Amartya Sen, premio Nobel per l'Economia, ha concesso alla Stampa, per capire quanto sia sbagliata la strategia di chiusura dell'Università. Il suo invito a considerare l'istruzione come un servizio pubblico universale e gratuito, come la sanità, diventa la grande sfida del XXI secolo, per cambiare economie attualmente malate e disuguali come la nostra - conclude Sinopoli - Su questo versante la Flc Cgil è sicuramente in prima linea".
La Flc chiede dunque alla ministra Fedeli di "esprimersi tempestivamente e con determinazione" sulla decisione della Statale, perché "trasformare l'università in una specie di azienda pubblica della quale un rettore è il manager unico e indiscutibile, che chiude le porte a decine di migliaia di studenti, invece di aprirle, è in palese contraddizione con gli obiettivi, condivisi da tutti i nostri Governi che si sono succeduti in questi anni, di aumentare il numero dei laureati. L’Italia infatti su questo è tristemente fanalino di coda tra tutti i Paesi europei".