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Il 13 maggio 1978, cancellando l’impostazione repressiva della psichiatria, la legge 180 ha dato un contributo fondamentale per lo sviluppo della democrazia e delle libertà nel nostro Paese. Non solo ha posto fine all’internamento nei manicomi – e con ciò a secoli di abusi nei confronti di migliaia di persone, restituendo loro libertà e dignità –, ma ha affermato una nuova idea di convivenza sociale. La potenza del suo messaggio, ancora oggi, viene dalla sua spinta liberatrice e, appunto, dall’idea di società che include, che accoglie, che soccorre, in cui ogni essere umano ha piena cittadinanza, come afferma la nostra Costituzione.
Molto è stato fatto, molto c’è ancora da fare: moltissimi operatori, associazioni di cittadini utenti e familiari si sono impegnate, e continuano a farlo, per affermare il diritto alla salute mentale e a trattamenti sanitari sempre rispettosi della dignità della persona. Basti pensare alla campagna stopOpg per l‘abolizione degli Ospedali psichiatrici giudiziari. O a quella più recente per l’abolizione della contenzione. Eppure, la riforma Basaglia, così bella positiva e ricca di successi, non è ancora stata del tutto applicata: il diritto alla salute mentale non è garantito pienamente su tutto il territorio nazionale.
In questi anni si sono aperte strutture (residenziali, comunità, ora alcune Rems, Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria) molto simili ai vecchi ospedali psichiatrici. Mentre troppo spesso sono i farmaci, o centri di salute mentale ridotti ad ambulatori, l’unica risposta al bisogno di cura. È proprio questa situazione di abbandono di chi soffre e delle loro famiglie che offre pretesti ai “nostalgici” del manicomio. I tagli al Servizio sanitario e al welfare aggravano la situazione, indeboliscono per primi i servizi territoriali: dai Dipartimenti di salute mentale ai servizi sociali, e producono nuove esclusioni e disagi.
Di fronte a queste difficoltà, cresce l’illusione che servano nuove leggi (basti pensare ai disegni di legge sulla salute mentale presentati anche quest’anno in Parlamento). E invece serve ben altro, serve un Patto per la salute mentale tra governo e Regioni, che coinvolga associazioni, operatori, pazienti, familiari e sindacato. Un Patto nazionale che investa per la salute mentale, che vincoli a standard forti: per garantire 24 ore su 24 la “presa in carico” delle persone e dei loro familiari nei servizi territoriali, con Centri di salute mentale accoglienti, servizi domiciliari e residenziali e per l’inclusione lavorativa, abitativa e sociale. Questo serve per ridare slancio alle grandi idee della legge 180. Il modo più giusto per ricordare la riforma Basaglia è continuare l’impegno, per dimostrare ancora una volta che “l’impossibile può diventare possibile”.
Stefano Cecconi è responsabile Politiche della salute e Terzo settore Cgil nazionale