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L'Epsu, la Federazione sindacale europea dei servizi pubblici, ricorre alla Corte di giustizia europea contro la mancata trasformazione in direttiva, da parte della Commissione, di un accordo raggiunto fra le parti sociali europee. A farlo sapere è la stessa Epsu oggi nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles. L'accordo, sottoscritto il 21 dicembre del 2015 a Bruxelles tra le parti sociali europee, sindacati e amministrazioni pubbliche, riguarda i diritti di informazione e consultazione per le lavoratrici e i lavoratori delle Amministrazioni centrali dello Stato che erano stati esclusi dalla Direttiva del 2002 relativa invece ai lavoratori privati.
Attraverso l'accordo, e a una sua trasposizione in direttiva, i quasi 10 milioni di lavoratori europei delle amministrazioni centrali avrebbero avuto il diritto di partecipare alle scelte relative a questioni come le ristrutturazioni, i licenziamenti collettivi, l'orario di lavoro, l'equilibrio vita-lavoro e la salute e la sicurezza. Estendendo quindi anche ai lavoratori del pubblico impiego quanto previsto per i privati, tenendo fede a uno dei diritti della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione. A distanza di oltre due anni dall'intesa raggiunta, il 5 marzo scorso la Commissione ha comunicato che non avrebbe presentato una proposta di direttiva al Consiglio europeo, sostenendo che è sua prerogativa stabilire se procedere o meno con una proposta di direttiva. Una scelta che denota da parte della Commissione, secondo l'Espu, un “evidente disprezzo” per l'autonomia delle parti sociali tutelata dai trattati dell'Ue e per questo si opporrà – e sulla stessa linea la Fp Cgil, insieme alla Confederazione di corso d'Italia – alla decisione sia con una forte iniziativa politica sia in sede giudiziaria.
Nel corso della conferenza stampa, Jan Willem Goudriaan, segretario generale di Epsu, ha dichiarato: “Quattro mesi dopo la proclamazione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, la Commissione ha compromesso il proprio impegno nei confronti del dialogo fra le parti sociali e dei diritti di informazione e consultazione”. Il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, ha poi proseguito, “offre una grande opportunità per rilanciare l'Europa sociale; rifiutandosi di presentare una proposta di direttiva, la Commissione ha fatto esattamente l'opposto”. Dopo mesi di tattiche dilatorie, continua Epsu, “la Commissione è pervenuta a una decisione infondata e senza precedenti. Si tratta di un duplice attacco: in primo luogo, si nega la parità di trattamento dei lavoratori e quindi si discriminano i lavoratori delle amministrazioni centrali; in secondo luogo si indeboliscono i diritti delle parti sociali alla codecisione come previsto dai trattati dell'Unione europea”.
La Funzione Pubblica Cgil, che ha attivamente partecipato al raggiungimento di un accordo apripista per il contratto delle Funzioni centrali, sostiene il ricorso alla Corte di giustizia europea promosso da Epsu a salvaguardia del dialogo sociale europeo. “La decisione della Commissione europea è molto grave – afferma la categoria dei servizi pubblici della Cgil –, non solo perché minata da un evidente disprezzo nei confronti del ruolo delle parti sociali, ma soprattutto perché determina un pericoloso precedente che darebbe d'ora in poi alla sola Commissione il potere di decidere unilateralmente quali accordi trasporre in direttiva e quali no. Per queste ragioni ci schieriamo al fianco dell'Epsu, in difesa dei diritti dei lavoratori pubblici in ogni sede, anche in Europa”.