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Nella notte tra il 22 e il 23 luglio 2011 muore a 88 anni Nella Marcellino, storica dirigente della Cgil e del Pci, la più giovane deputata mai eletta in Parlamento. Marcellino diresse, in momenti difficili e aspri, grandi sindacati di categoria (gli alimentaristi prima, i tessili poi), guidando rilevanti stagioni contrattuali di lavoratrici e di lavoratori; fu una sindacalista dall’immensa personalità e carica umana: una donna circondata da vero affetto, stimata anche dalle controparti datoriali come “avversario duro ma leale”.
Scrive Bruno Ugolini nella prefazione al volume “Le tre vite di Nella” (a cura di Maria Luisa Righi, edizioni Sipiel 2009): “La biografia di Nella è la storia di una donna italiana particolare. Non è solo un memoriale, è un vero e proprio romanzo storico-politico che ripercorre quasi cento anni della storia italiana. La protagonista incontra, nel corso delle sue tre vite, da giovanissima partigiana, da dirigente del Partito Comunista, e da dirigente della Cgil, una gran folla di donne e di uomini. Molti hanno nomi importanti, conosciuti …”.
Una donna speciale, Nella Marcellino, “con il sorriso dolce e il temperamento d’acciaio”. “La si guarda – prosegue Ugolini – e vien da pensare a quando affrontava a Milano le lotte interne tra il partito degli operai e quello degli intellettual. È una donna che ha saputo tener testa, con quel sorriso, con quella capacità ironica, a personaggi come Palmiro Togliatti, Luigi Longo, Pietro Secchia, Giancarlo Pajetta, Armando Cossutta, Rossana Rossanda. È la stessa donna che a sei anni entrava da esule in Francia e che molti anni più tardi batteva a macchina un memorandum che avrebbe scosso il mondo”.
Il memorandum al quale Ugolini fa riferimento è il memoriale di Yalta, testamento politico di Palmiro Togliatti. Nell’agosto del 1964, quando il “Migliore” è colpito da un’emorragia celebrale e muore, Nella Marcellino è in ferie con il marito in Crimea. Su indicazione di Luigi Longo è proprio lei a trascrivere a macchina quello che diventerà uno dei documenti più famosi della storia d’Italia. “Longo mi chiamò e mi disse di andare da lui – racconta nella sua biografia –. Mi consegnò il memoriale scritto a mano, col tipico inchiostro verde che Togliatti usava. Mi chiese di riprodurlo immediatamente a macchina. I sovietici mi accompagnarono in una lunga stanza e mi diedero una macchina da scrivere (una Underwhood piuttosto vecchia con caratteri latini e cirillici)”.
Figlia di due operai torinesi, impegnati nella lotta al fascismo e perseguitati dalla polizia politica, Nella trascorre l’infanzia in Francia e successivamente in Belgio a seguito della famiglia in esilio. Trasferitasi a Parigi nei primi anni quaranta, partecipa alle iniziative contro la guerra nazifascista, conoscendo gli esponenti comunisti italiani emigrati: Giorgio Amendola, Luigi Longo, Giancarlo Pajetta, Giuseppe Di Vittorio e Arturo Colombi (quest’ultimo diverrà suo marito).
Nel cinquantesimo della scomparsa di Di Vittorio, Rassegna Sindacale pubblica tre fascicoli speciali (Di Vittorio a memoria, RS 2007). I primi due, dedicati alla memoria del grande sindacalista di Cerignola, e illustrati da un reportage fotografico di Mario Dondero, sono opera dello scrittore Angelo Ferracuti. Il primo, in particolare, raccoglie le testimonianze di persone legate alla vicenda umana e politica del leader della Cgil: dalla figlia Baldina, che ne offre uno straordinario ritratto a metà tra pubblico e privato, ad Ando Gilardi, fotografo del rotocalco confederale Lavoro negli anni cinquanta, a Nella Marcellino, che lo incontrò esule in Francia e, successivamente, in Parlamento e nel sindacato.
A Ferracuti, Nella racconta di non aver mai lavorato con Di Vittorio, perché quando lui era segretario della Cgil, lei si trovava prima a Bologna e poi al partito. Ma lo aveva conosciuto anni prima in Francia. Il primo incontro avviene nella sede dell’Unione popolare, in una grande sala vicina ai Campi Elisi: “Lì capitavano tutti quelli che volevano fare qualcosa contro l’arrivo dei tedeschi – ricorda Nella –. Di Vittorio partecipava molto attivamente. Lo ricordo alla tribuna che parlava, che riceveva la gente, dava consigli su cosa fare, come organizzarsi. Lui rappresentò in quel momento la parte italiana più decisa a fare la lotta contro il disimpegno, contro il fatto che bisognava rassegnarsi a che Parigi fosse occupata. Era un personaggio molto carismatico, mi colpì molto già allora”.
Nella in quel periodo non vede più Di Vittorio, ma le viene affidato un incarico, “una cosa per me un po’ misteriosa”, racconta: “Incontravo quasi due volte la settimana una signora molto bella e fine che mi dava appuntamento nei caffè più eleganti nella zona dei Campi Elisi. Lei arrivava nel pomeriggio, mi consegnava dei documenti politici, informazioni su gruppi di italiani che erano rimasti nell’illegalità, e io poi li portavo a mio padre. Era Anita Di Vittorio”. Nel 1942 Nella torna a Torino con il compito di ricostituire il Partito Comunista.
Rivede Di Vittorio dopo la Liberazione, entrambi membri del Comitato centrale del Pci: “Era un Di Vittorio molto diverso da quello che avevo conosciuto a Parigi, già considerato un personaggio di rilievo. Quando lui parlava stavamo attenti e in silenzio ad ascoltarlo... non che fossero sempre tutti d’accordo... Togliatti diceva una cosa e non è vero che lui diceva come diceva Togliatti. Perche lui era diverso dagli altri, aveva delle sue idee, un suo modo di interpretare la politica”.
Eletta deputata, responsabile della Commissione femminile del Partito, Nella rivede Di Vittorio in Parlamento: “Anche lì Di Vittorio deputato era una cosa particolare. Perche lui non perdeva mai occasione di parlare: del sindacato, dei lavoratori, dei pensionati, del Mezzogiorno. Siamo credo nel ’49, e un giorno il dibattito verteva sulle pensioni, così a un certo momento Gronchi dice: la parola all’onorevole Di Vittorio, ma lui non era in aula. Ci precipitiamo fuori a cercarlo. Mentre esco lo incontro e gli dico: guarda che ti hanno dato la parola. ‘Ah’ mi risponde ‘e su che cosa?’ ‘Credo sulle pensioni’. ‘Va bene, va bene’, fa lui tranquillo. Poi va al suo posto, comincia a parlare e fa un discorso giustissimo”.
Nella Marcellino, dirà di lei Bruno Ugolini, non era una femminista e all’epoca non c’erano le quote rosa. “Era però una che, con la sua capacità ironica, non temeva i maschi del Novecento. Ed erano maschi della stoffa di Togliatti, Longo, Secchia, Amendola, Pajetta, Cossutta”. Nel suo blog Ugolini riproduce, pochi giorni dopo la scomparsa della Marcellino, una pagina inedita che Nella avrebbe voluto inserire in una possibile riedizione del suo libro. Una pagina bellissima che in suo ricordo riproponiamo.
“Nella vita vi sono tante cose buone e tante cose brutte. Voglio qui ricordare alcune cose belle: l’amore e l’amicizia. L’amore fra due persone è un grande lieto evento, ma bisogna sapere che non è sempre molto duraturo. L’amore avvolge due persone e le rende l’una e l’altra intimamente legate. Le decisioni sembrano sempre prese in comune e avvolgono i protagonisti in una patina fatta di volontà reciproca, di rapporti di vario genere e anche di quelli sessuali; esso rende le persone interdipendenti l’una dall’altra con la volontà dichiarata di non lasciarsi più. È, in generale, un’illusione più o meno duratura. L’interdipendenza per un periodo non è alternativa ad altri sentimenti e può creare delle illusioni. È, comunque, uno dei rapporti migliori che si possono stabilire tra due persone, ma può rompersi anche con estrema facilità. L’amore è sentimento ed è anche fatto concreto che può nascere istantaneo come istantaneamente può essere cancellato. Conoscere l’amore è conoscere una delle cose più belle della vita, ma è anche in parte crearsi delle illusioni e dei grandi dispiaceri”.
L’altro fatto importante nella vita, sempre a giudizio di Nella Marcellino, “è senza dubbio l’amicizia che si crea fra due donne o fra un uomo e una donna. Ho conosciuto uomini e donne che hanno avuto per me tanta amicizia, molti riguardi e mi hanno dato una grande fiducia nella vita. Alcune di queste amicizie sono durate a lungo, qualcuna si è rotta inopportunamente. La ricerca di amicizia fra persone è un fatto essenziale nella vita di ognuno di noi. Nell’amicizia vi è uno dei più grandi beni che può conoscere l’umanità”.
Ilaria Romeo è responsabile Archivio storico Cgil nazionale
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