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“La Spagna avrebbe bisogno di una riforma istituzionale profonda in grado di coniugare le legittime aspirazioni dei popoli che compongono l'universo spagnolo a una maggiore autonomia, a un protagonismo delle proprie culture, con un assetto federalista e solidale dello Stato. Tutto ciò non è avvenuto. Così come, bisogna dirlo, non sta avvenendo in altre nazioni europee in cui pure esistono spinte e pulsioni verso la separazione o verso l'affermazione di individualità regionali o nazionali”. Così Fausto Durante, coordinatore Area politiche europee e internazionali della Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1 nel corso della trasmissione Italia Parla.
In Spagna “la situazione purtroppo ha preso una piega per certi versi senza ritorno – prosegue il dirigente sindacale –. Vedremo adesso quali saranno i prossimi passi. Le elezioni per il rinnovo degli organismi di rappresentanza della comunità catalana potrebbero segnare uno spartiacque. La speranza è che prevalgano forze le quali, sia pure riaffermando il desiderio di una maggiore autonomia, lo facciano all'interno della cornice dello Stato spagnolo”. Il che – precisa Durante – “significa permanenza nell'Unione europea, significa continuare a pensare a una Spagna unita e protagonista della vita politica e pubblica europea”.
Durante punta il dito contro il “deficit enorme della politica”. Un’assenza “che si avverte sia a livello nazionale sia a livello europeo. Un cortocircuito che continua ad autoalimentarsi. Gli Stati nazionali in Europa hanno ripreso il sopravvento rispetto a un processo di integrazione, di maggiore cooperazione, avviato alcuni decenni fa con l'obiettivo di arrivare a una sorta di governo collettivo europeo che avrebbe dovuto, nelle aspirazioni di chi ha immaginato e costruito i capisaldi di ciò che oggi è l'Unione europea, unificare le politiche”. Ma “la situazione sociale ed economica, l'acuirsi della crisi, il mancato governo dei processi di globalizzazione e di integrazione dell'economia dei mercati, il fatto che l'Europa si è ritrovata con una moneta unica ma senza funzioni politiche di governo complessivo: tutto ciò ha riportato gli Stati nazionali a pretendere egemonia e controllo, e contemporaneamente ha fatto risorgere egoismi di tipo nazionale”.
Se c’è un insegnamento nella caotica e paradossale vicenda spagnola, è che “lo strumento del referendum non va abusato”: “È un grande momento di partecipazione democratica e di espressione della volontà diretta dei cittadini – conclude Durante –, ma bisogna farne un uso saggio e intelligente, non bisogna mai piegarlo alle convenienze del momento. Non so quanto gli stessi dirigenti catalani, che hanno spinto per l'indipendenza salvo poi proclamare una repubblica catalana che è durata neanche mezza giornata, fossero consapevoli del processo che avevano attivato. Oggi, da quello che ci risulta anche sulla base dei contatti che abbiamo con il sindacato della Catalogna, insieme al resto dei sindacati della Spagna, tra la gente prevale un senso di spaesamento e di scoraggiamento: ‘Che cosa abbiamo fatto? Perché ci hanno fatto votare e poi siamo stati lasciati senza guida e senza leadership?’. Sono processi che vanno maneggiati con grande cura per evitare di trasformarli in ulteriori strumenti di disaffezione dei cittadini dalla politica e di sfiducia generalizzata. Sono esattamente i terreni di coltura dove poi la destra populista, xenofoba, autoritaria e razzista fa breccia”.