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In Italia i giovani che non hanno un lavoro e non lo cercano sono più del doppio della media europea. È poco lusinghiero il record affibbiato al nostro paese dall'indagine 2017 sull'occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa (Esde).
La fotografia dell'Italia offerta e pubblicata oggi, 17 luglio, dalla Commissione europea delinea infatti un Paese dove il numero di lavoratori autonomi è fra i più alti d'Europa (più del 22,6%), e i giovani fra 15 e 24 anni che non hanno e non cercano lavoro (i cosiddetti neet) toccano il record Ue del 19,9% (la media europea è 11,5%).
Ma c’è di più. La differenza fra uomini e donne che lavorano è al 20,1%, il numero di persone che vivono in condizioni di povertà estrema (11,9%) è aumentato fra 2015 e 2016, e siamo l’unico caso in Ue con Estonia e Romania.
Chi riesce a trovare un lavoro in Italia, tra l’atro, in più del 15% dei casi ha contratti atipici (fra i 25 e i 39 anni, nel Regno Unito è meno del 5%, dati 2014), è "considerevolmente più a rischio precarietà", e se ha meno di 30 anni guadagna in media meno del 60% di un lavoratore ultrasessantenne. Ne consegue che i giovani italiani escono dal nido familiare e fanno figli fra i 31 e i 32 anni, più tardi rispetto a una decina di anni fa e molto dopo la media Ue, che si arresta intorno ai 26 anni.
Eppure, l’analisi ci racconta un’Europa con più di 234 milioni di lavoratori, in cui il tasso di occupazione non è mai stato così elevato nell'Ue e la disoccupazione è al livello più basso dal dicembre 2008.
Il problema generazionale, però, non riguarda solo in Italia. Anche gli altri giovani europei hanno sempre più difficoltà nell'entrare nel mercato del lavoro e, quando ci riescono, si trovano spesso in forme di occupazione atipiche e precari, che possono comportare una minore copertura previdenziale. Di conseguenza, le nuove generazioni percepiranno "con tutta probabilità" pensioni più basse in rapporto alla loro remunerazione.
Il rapporto prevede infine un calo dello 0,3% annuo della popolazione in età lavorativa da qui al 2060. Ciò significa che in futuro una forza lavoro ridotta dovrà fare in modo di garantire il mantenimento dell'attuale tendenza alla crescita e pagare la pensione di un numero sempre maggiore di anziani.