“Va salvata la Natuzzi con i suoi 2 mila posti di lavoro. La Regione Puglia torni indietro con la sua impostazione di bloccare l’accordo di sviluppo con il ministero dello Sviluppo economico per i 38 milioni di euro che servivano al rilancio degli stabilimenti pugliesi”. A dirlo è il segretario generale Cgil Puglia Pino Gesmundo: “La soluzione per tenere dentro tutti i lavoratori c’è ed è quella dell’assunzione diretta delle attività a Ginosa. Chiediamo quindi alla Regione Puglia di riconvocare il tavolo per proseguire negli investimenti”.
Per la Cgil pugliese “è inaccettabile l’abbandono del piano industriale. Pertanto siamo convinti che la soluzione a questa vertenza, oltre a essere quella del confronto con tutti i soggetti interessati, in primis la Regione Puglia, debba prevedere investimenti sulle linee produttive e sull’avvio dello stabilimento di Ginosa. Decisione già assunta e che l’azienda deve rispettare anche per garantire prospettive alle produzioni italiane”.
“Natuzzi ha utilizzato troppe risorse pubbliche per potersi sfilare da questa vicenda e la Regione Puglia non può sfuggire alla responsabilità di tenere le aziende sul territorio” ribadisce Silvano Penna, segretario generale Fillea Cgil Puglia: “Non faremo un passo indietro, e se queste rivendicazioni non troveranno risposte immediate nella convocazione di un tavolo istituzionale attiveremo iniziative che riguarderanno non solo i lavoratori della Natuzzi, ma quelli di tutti i settori produttivi pugliesi, per denunciare una situazione che sta determinando squilibri sul piano economico, oltre a disoccupazione, povertà e miseria in una regione già provata dalla crisi”.
Confederazione e categoria proseguiranno con coerenza e responsabilità la battaglia a difesa del lavoro e della sua dignità, contro le diseguaglianze e per l'affermazione dei diritti, a partire dalle rivendicazioni a salvaguardia dell'occupazione e del rilancio della Natuzzi. Riprenderà fra qualche settimana il difficile confronto con Natuzzi presso la Cabina di regia a Roma, al ministero dello Sviluppo economico. Nell'ultimo incontro, quello dello scorso 27 giugno, l’azienda ha annunciato l'impossibilità di sostenere il piano industriale e gli investimenti e, facendo marcia indietro di dieci anni, ha messo in discussione circa 2 mila posti di lavoro.