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Una targa intitolata a Abdullah Mohammed, il bracciante sudanese morto il 20 luglio 2015 nelle campagne di Nardò (Lecce), mentre era impegnato nella raccolta dei pomodori. È quanto hanno apposto oggi (martedì 11 ottobre) Flai e Cgil Lecce alla Masseria Boncuri, luogo simbolo delle battaglie per i diritti sindacali e per la dignità sul lavoro dei braccianti stranieri, nell’ambito delle iniziative per la quarta edizione del Premio Jerry Masslo, organizzato dalla Flai Cgil nazionale, che si svolge in Campania dal 12 al 14 ottobre.
“Questa targa non rappresenta soltanto un ricordo, ma anche l’impegno costante della Cgil e della Flai nel fare sindacato di strada, accanto alle persone” ha spiegato Valentina Fragassi, segretaria generale della Cgil Lecce: “Non possiamo continuare ad avere dei luoghi ai margini della città, dove i lavoratori vivono una condizione di ghettizzazione. Dobbiamo puntare a un’integrazione vera nel tessuto sociale della città, perché sconfiggere il caporalato vuol dire anche offrire dignità lavorativa e sociale, far sentire questi lavoratori veramente cittadini”. Al sindaco di Nardò la segretaria generale ha chiesto “di migliorare l’integrazione dei lavoratori migranti, contribuendo, ad esempio, con una politica di sgravi in favore di quei cittadini neretini che vogliano affittare a prezzi calmierati le abitazioni vuote ai lavoratori migranti per strapparli dalle mani di un sistema di illegalità che è insito nel tessuto produttivo agricolo”.
“È importante ricordare i nomi dei lavoratori che hanno sacrificato la vita in questi campi”, ha aggiunto Antonio Gagliardi, segretario generale della Flai Cgil Lecce: “Prima di Mohammed questo territorio ha vissuto un altro lutto determinato dalle condizioni insostenibili di lavoro e di vita dei braccianti, ricordiamo quindi anche Sadok Barhoumi, morto nel 2011 nella tendopoli nei pressi della Masseria Boncuri”. Gagliardi ha ribadito l’impegno costante della Flai “nella lotta al caporalato e per garantire condizioni di lavoro e di vita dignitose ai braccianti stranieri. Fino a quando i lavoratori non saranno strappati al giogo dei caporali e delle aziende agricole che li utilizzano per i loro scopi di arricchimento incondizionato, nessuna tenda, nessun container con le docce, nessun serbatoio di acqua potabile potrà restituire dignità, umana e lavorativa, a questi cittadini del mondo”.