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“C’è un piano di rivendicazione nazionale che si lega a quello regionale. Questa è la prima manifestazione nel Paese dopo la mobilitazione lanciata da Cgil Cisl Uil sui temi della salute. Esistono due Italie e due sanità differenti, una di serie A e una di serie B, e nel Mezzogiorno non sono garantiti gli stessi livelli di assistenza che nelle regioni del Nord. Allora serve un intervento governativo per perequare il fondo sanitario nazionale. Regioni che hanno lo stessi numero di abitanti della Puglia ricevono 800 milioni in più così come contano su organici con un numero di operatori maggiore di 15mila unità. Ovvio che le prestazioni in termini di qualità e quantità saranno diverse da territorio e territorio. Servono più risorse per sanità e welfare per poter garantire l’universalità delle prestazioni e la centralità del servizio pubblico, perché le criticità compromettono il diritto alle cure e l’accesso alle prestazioni sociali”. Lo spiega così Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia, il presidio indetto con Cisl e Uil e che ha portato questa mattina oltre duemila persone a manifestare sotto la sede della Presidenza della Regione Puglia a Bari. “Sanità e welfare, pretendiamo risposte da Governo e Regione” lo slogan della mobilitazione che i sindacati hanno fatto vivere prima nei territori e che è sfociata nella giornata di protesta di oggi.
“Due anni fa, in questo stesso giorno, eravamo qui a chiedere una svolta per le politiche socio assistenziali in Puglia", aggiunge l'esponente della Cgil: "Avevamo una piattaforma di proposte, fummo ascoltati e firmammo con Emiliano un protocollo d’intesa che prevedeva tavolo territoriali, monitoraggio, osservatori, una serie di impegni che facessero seguito alla politica di tagli e chiusure di ospedali. Il secondo tempo di questa azione doveva essere il rafforzamento della sanità territoriale, un intervento deciso sugli sprechi a partire dalla spesa farmaceutica e le forniture di materiali, anche attraverso una centrale unica di acquisti, un deciso intervento sulle liste di attesa. Dopo alcuni incontro con i dirigenti sanitari questa fase di confronto è cessata, e gli impegni sono rimasta sulla carta. Finendo per avvilire un diritto costituzionale, quello alla salute, che non a tutti i pugliesi è garantito”.
Infatti sono tanti i pugliesi costretti a ricorrere a privati in assenza di risposte del pubblico, “ma questo chi può permetterselo - sottolinea Gesmundo -, o magari si sceglie di andare in un’altra regione, alimentando quella mobilità passiva che poi incide sul riparto del fondo nazionale. Un sistema così non può reggere. Fino al punto che quanti non hanno risorse scelgono di non curarsi, un fenomeno purtroppo in aumento”.
Una sanità a lungo saccheggiata, denuncia il segretario generale della Cgil Puglia, “dalle lobby di affaristi che hanno fatto di questa regione quella dove una protesi costa tre volte che in altre parti d’Italia. Le nostre proposte sono le stesse di due anni fa. Procedere a una riqualificazione della spesa di beni e servizi, intervenire sulle liste di attesa anche regolamentando l’attività libero professionale extra e intra moenia, aprire strutture territoriali per ovviare alla chiusura di tanti ospedali, fare attività di prevenzione. Con Cisl e Uil abbiamo raccolto 30mila firme per una legge sull’invecchiamento attivo e in buona salute. Speriamo che questa consiglio regionale prima del prossimo anno che decade voglia discutere la nostra proposta”.
Risposte che i sindacati si aspettano da governo e Regione, “se non arriveranno siamo disposti a venire qui sotto il palazzo della Presidenza o a manifestare sotto le sedi governative anche una volta al mese. Salute e welfare sono risposte necessarie da dare soprattutto in aree disagiate del paese e lì dove mancano colpiscono le fasce più deboli della società, in primis anziani e poveri. Tutto questo non possiamo accettarlo oltre”.