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Sarà sciopero generale delle tute blu. Otto ore di stop, il prossimo 14 giugno, con tre grandi manifestazioni in altrettante città del Nord, del Centro e del Sud. Lo hanno indetto i sindacati Fim, Fiom e Uilm in continuità con la mobilitazione di Cgil, Cisl, Uil dello scorso 9 febbraio. L’iniziativa sarà preceduta dagli esecutivi nazionali unitari della categoria, che si riuniranno il 2 maggio a Roma, e, successivamente, dalle assemblee nei luoghi di lavoro.
Nel documento unitario che indice la mobilitazione, le sigle metalmeccaniche sottolineano come “le trasformazioni che stanno investendo il mondo delle imprese metalmeccaniche e più in generale il sistema della manifattura” impongano “scelte che devono essere in grado di rispondere alla necessità di crescita dei settori strategici attraverso il rilancio degli investimenti pubblici e privati, il sostegno all’occupazione, ai salari e alla domanda interna”. Ma per Fim-Fiom-Uilm “l’orientamento e alcune scelte del governo sui temi relativi al mondo del lavoro, delle imprese industriali e dei giovani rischiano, in una situazione di recessione come quella che si sta profilando, di accentuare una condizione economica, sociale e industriale difficile e dalle prospettive particolarmente critiche”.
I metalmeccanici ricordano i dati della crisi: “La produzione industriale è in ribasso del 5,5%, si tratta della diminuzione tendenziale più forte dal 2012 e nel mese di dicembre gli ordini crollano del 7%. Nello specifico, la produzione manifatturiera registra un risultato negativo pari a -2,4%; la metallurgia -2,3%, l’elettrodomestico -5,1%, i macchinari e le attrezzature -2,2% e l’elettronica -2,2%. La produzione nel settore auto ha registrato un calo del 19,4% su base annua di cui nel solo mese di novembre regista un calo dell’8,6%”.
A fronte di questa situazione “è necessario che governo e il sistema delle imprese riconoscano il ruolo dei lavoratori. Il governo – chiedono i sindacati – deve adottare politiche mirate a contrastare delocalizzazioni e le chiusure di stabilimenti, a partire dal Mezzogiorno, ancora una volta, duramente colpito dalla crisi e a sostenere i buoni motivi per attrarre investimenti industriali. Vanno rafforzati i vincoli della responsabilità sociale delle imprese verso i lavoratori e il territorio. È necessario investire per creare occupazione per i giovani disoccupati, attraverso il consolidamento di alcuni settori in cui il nostro paese ha una leadership e incentivi per l'ecosostenibilità del nostro sistema industriale”.
Per Fim Fiom e Uilm, “le politiche pubbliche devono concentrarsi su ciò che crea lavoro, sull’occupazione, sulla qualità e la dignità del lavoro e in questo contesto misure come il reddito di cittadinanza non possono essere sostitutive di questo impegno e soprattutto non possono essere il solo strumento di lotta alla povertà. Peraltro – proseguono – la recente introduzione del decreto dignità non ha prodotto i risultati auspicati: sui lavoratori continuano a scaricarsi gli effetti della precarietà. Aumenta il ricorso alle prestazioni occasionali, ai contratti intermittenti, al part time involontario, ai rapporti di lavoro meno tutelati”.
Anche sul fronte della previdenza le sigle metalmeccaniche ribadiscono la propria insoddisfazione: “Quanto definito con quota 100 non modifica strutturalmente la legge Monti-Fornero. È infatti una misura temporanea (tre anni) che interviene su un sistema pensionistico che si conferma iniquo e ingiusto e di cui continuiamo a chiedere il cambiamento. In particolare per quanto riguarda la tutela dei lavoratori precoci e dei lavori usuranti. Non tutti i lavori sono uguali. Chi lavora a turni, fa lavori gravosi, faticosi, le donne e i giovani, i lavori di cura e la discontinuità lavorativa e contributiva non trovano risposta nella normativa definitiva quota 100”.
Fim-Fiom-Uilm chiedono un sistema previdenziale “più equo, più flessibile e più solidale in cui l’età pensionabile tenga conto del lavoro che realmente si è svolto”. A questo “deve ricollegarsi la necessaria revisione della legislazione sugli ammortizzatori sociali”, come richiesto con il documento di Fim, Fiom e Uilm del 24 settembre 2018, e su cui “abbiamo costruito una mobilitazione che ha consentito di raggiungere alcuni primi, parziali risultati. Adesso è necessaria la revisione complessiva del sistema degli ammortizzatori sociali e la ricostruzione del loro carattere universale”, prosegue il documento.
Il taglio del contributo per l’Inail da parte del governo “va nella direzione contraria alla ricerca delle risorse pubbliche e private indispensabili per la formazione e la prevenzione dei rischi sul lavoro. E’ necessario un piano di investimenti straordinari per garantire la salute e la sicurezza di chi lavora. Non va infine dimenticato che tutte le decisioni assunte dai diversi governi sono fondate sul ricorso alla tassazione che per circa l’85% è pagata dai lavoratori dipendenti e dai pensionati. Occorre ridurre le tasse a chi le paga e non incoraggiare l’illegalità. I condoni fiscali sono l’ennesimo schiaffo ai lavoratori, ai pensionati e ai contribuenti onesti”.
Fim, Fiom e Uilm chiedono al governo e al sistema delle imprese l’urgenza di agire sui seguenti elementi:
• la riduzione delle aliquote Irpef sul lavoro dipendente
• l’aumento dei salari
• l'incremento di investimenti pubblici e privati nei settori strategici
• la reindustrializzazione delle aree in crisi, con piani di sviluppo territoriale che garantiscano l'occupazione
• l'impegno comune al confronto in sede Ue per detrarre gli investimenti dai vincoli comunitari
• lo sviluppo di infrastrutture energetiche, digitali e dei trasporti
• lo sviluppo della filiera manifatturiera collegata alla mobilità ecocompatibile di persone e merci
• il contrasto alla “controriforma” del codice degli appalti, alla sostanziale liberalizzazione dei subappalti e per l’estensione delle clausole sociali
• un investimento straordinario nella salute e nella sicurezza delle persone e del territorio
• la riforma degli ammortizzatori sociali
• l’incentivazione di contratti di solidarietà “espansivi” finalizzati alla riduzione degli orari di lavoro e all’occupazione giovanile
• il sostegno agli investimenti delle imprese (piano impresa 4.0), la formazione e l’istruzione
• leggi per l'applicazione erga omnes dei contratti e la rappresentanza dei lavoratori recependo quanto previsto dagli accordi interconfederali e di categoria
• lo sviluppo di forme di partecipazione dei lavoratori nella progettazione dell’organizzazione del lavoro e nelle scelte strategiche aziendali.