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Maggiori risorse per il Fondo sanitario nazionale e per garantire il diritto alle cure, oltre al rinnovo di un contratto al palo ormai da oltre dieci anni. Queste le principali richieste di medici, veterinari e dirigenti sanitari italiani, che oggi (venerdì 23 novembre) si fermano per uno sciopero nazionale di 24 ore. Ma il cahier de doléances è lungo: le pessime condizioni di lavoro, i turni sempre più insostenibili (e a maggior ragione per un personale che sta invecchiando progressivamente), le dotazioni organiche carenti (che datano addirittura al 1999), la mancanza di prospettive di carriera per i medici ospedalieri. Lunga la lista delle organizzazioni dell’intersindacale medica che aderiscono allo stop: Fp Cgil medici, Aaroi-Emac, Anaao Assomed, Cimo, Fvm, Fassid, Cisl medici, Fesmed, Anpo-Ascoti-Fials medici, Uil Fpl.
''Vent'anni di definanziamento del Servizio sanitario nazionale hanno portato a questo, poi ci aggiungiamo la campagna denigratoria contro i medici. Il governo del cambiamento da una parte fa assistenzialismo con il reddito di cittadinanza, dall'altra taglia i servizi. Credo che ci sia la volontà di far galleggiare il Ssn per consentire di lasciare campo libero al privato". Così Andrea Filippi, segretario nazionale Fp Cgil medici, nel suo intervento alla conferenza stampa dei sindacati in corso a Roma, presso il Centro formazione dell'azienda ospedaliera San Camillo Forlanini.
Nei giorni scorsi Filippi aveva sottolineato le principali ragioni dello sciopero: “Un contratto fermo da dieci anni, risorse che diminuiscono, un organico anziano e insufficiente”. Il segretario aveva poi rimarcato anche come “l’età media del personale medico superi ormai i 53 anni e per i prossimi due anni siano previsti circa 10 mila nuovi pensionamenti, destinati ad aumentare per effetto dell’annunciata introduzione della quota 100”. Un disagio che si somma alle vaste sacche di precariato presenti nella categoria: “Il 10 per cento del personale della dirigenza è ancora precario, la gran parte è soggetta a contratti atipici. E mancano all’appello 2.200 borse di specializzazione”.
A questo si sommano le risorse inadeguate del Fondo sanitario nazionale. “Governo e Regioni continuano a litigare per stabilire chi debba mettere le risorse, mentre i fondi per il personale della dirigenza sono stati impoveriti di circa un miliardo di euro”, proseguiva Filippi. Il segretario della Fp Cgil medici evidenziava “che il ‘governo del cambiamento’ continua a definanziare il servizio sanitario pubblico a danno della cittadinanza e a beneficio del privato. Il lavoro dei professionisti che da anni garantiscono il diritto alla salute è umiliato da condizioni di lavoro inaccettabili e da retribuzioni economiche mortificanti rispetto a quelle del privato e degli altri paesi europei. È tempo di un intervento incisivo”.
“Denunciamo lo smantellamento del Servizio sanitario nazionale e le diseguaglianze conseguenti, in atto da oltre dieci anni grazie ai precedenti governi, cui l’esecutivo in carica pare non volere porre rimedio”, scrive l’intersindacale medica in un comunicato unitario. I sindacati segnalano “il peggioramento delle condizioni di lavoro nelle strutture sanitarie, che mette a rischio la sicurezza delle cure”, nonché l’assenza da dieci anni “del contratto di lavoro, con gravi danni organizzativi, economici e previdenziali”. L’intersindacale, infine, rileva pure “la mancanza delle assunzioni necessarie a far fronte all’esodo in corso” e “l’incertezza del futuro dei giovani lasciati fuori dalla formazione post laurea”.
Andrea Filippi mette in evidenza che “assunzioni, specializzazioni e contratto sono i nodi che rischiano di mettere in crisi il Servizio sanitario nazionale e che non vengono affrontati, se non in minima parte, dalla manovra”. Il segretario della Fp Cgil medici rimarca che “nel 2019 alla sanità arriveranno solo 1,14 miliardi e 4 miliardi e mezzo in tre anni: questo non è nulla di più di quanto già previsto dalla precedente legge di bilancio del governo Gentiloni, e niente di comparabile a quanto serve“. In ultimo, Filippi pone in evidenza la questione delle borse di specializzazione: “Ne sono previste solo 900 per quattro anni, per una spesa di 20 milioni euro l’anno, praticamente sono briciole. È noto, invece, che di borse di specializzazione, rispetto al fabbisogno su tutto il territorio nazionale, ne servirebbero almeno 2.500. Stiamo parlando di una cifra di 100 milioni, che sono indispensabili per evitare la desertificazione dei reparti. Di fatto si continua ad affogare la sanità e chi vi lavora”.