Stefano Cucchi non è morto per disidratazione, ma perché in condizioni estremamente gravi non è stato curato. E' il risultato dell'analisi svolta dal pool di esperti guidati dal direttore dell'istituto di medicina legale dell'università la Sapienza, Paolo Arbarello, le cui conclusioni sono raccolte in una consulenza di 145 pagine consegnate ieri ai pm che indagano sul caso. "Il giorno precedente alla morte - ha spiegato Arbarello - Cucchi aveva assunto tre bicchieri d'acqua e c'era funzionalità renale perché la vescica era piena. Così non si muore disidratati".

Secondo i medici legali dunque Stefano poteva essere salvato e al Pertini si sono verificate molte omissioni e registrate negligenze. Il quadro clinico del giovane, ha sottolineato Arbarello, all'ingresso all'ospedale Pertini era fortemente compromesso e non permetteva la degenza nel reparto detentivo.