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Sono passati 28 anni, ma Ravenna non dimentica. Era il 13 marzo 1987: nella stiva della gasiera Elisabetta Montanari, all’interno del cantiere Mecnavi, all’epoca il più grande cantiere privato dell’Adriatico, persero la vita 13 lavoratori. A provocare il disastro fu la scintilla di una fiamma ossidrica: da lì un incendio e lo sviluppo di ossido di carbonio e acido cianidrico. I lavoratori morirono asfissiati al termine di una lunga agonia. L’inchiesta mise in luce l’assenza di estintori, la mancanza di vie di fuga, la vetustà della nave cisterna, le dure condizioni di lavoro degli operai (erano tutti manutentori), la disorganizzazione del cantiere. Ma la condanna fu mite: sette anni e mezzo per Enzo Arienti, proprietario della Mecnavi, poi ridotti a quattro. Il giorno dei funerali monsignor Ersilio Tonini, allora arcivescovo della città, parlò di “uomini ridotti a tipo” e di “disumana umiliazione” delle condizioni di lavoro.
“La grande sconfitta, in tutto, è dimenticare” scrive Céline nel suo capolavoro, e Ravenna di certo non dimentica. Le vittime saranno infatti prima ricordate in una breve cerimonia in piazza del Popolo (alle ore 9), poi nella tavola rotonda “Salute e sicurezza sul lavoro in tempo di crisi”, promossa da Cgil, Cisl, Uil, Comuni di Ravenna e Bertinoro, Provincia, Inail e Ausl Romagna (ore 9.45, presso il Centro relazioni culturali). All’incontro partecipano Andrea Marchetti (Dipartimento Salute e sicurezza Cgil Ravenna), Fabrizio Matteucci (sindaco di Ravenna), Claudio Casadio (presidente Provincia di Ravenna), Marco Broccoli (dirigente medico Servizio prevenzione e sicurezza Ausl Romagna), Alfio Sarain (direttore Inail Ravenna), Giuseppe Farina (segretario Cisl nazionale) ed Elena Zannoni (Legacoop Ravenna).
“In tutti questi anni molto è stato fatto al porto di Ravenna. Sicuramente quest’evoluzione ha scongiurato eventi drammatici, la gestione della salute e sicurezza non è più quella del 1987. Eppure, non si può certo abbassare la guardia” dice Andrea Caselli, responsabile Sicurezza della Cgil Emilia Romagna. Anche perché, accanto a queste pratiche positive e alle nuove regole, procedono “anche la frantumazione del lavoro e la crescente precarietà, come confermate dai nuovi decreti sul Jobs Act, gli appalti al massimo ribasso, i meccanismi competitivi che agiscono sui ritmi di lavoro”. Le prospettive, insomma, sono abbastanza fosche: “lo scenario che si prospetta non favorisce il rispetto degli accordi e delle procedure previste, nella quotidianità la debolezza del sistema dei diritti impedisce ai lavoratori di esigere il rispetto delle norme. Si tratta di persone che troppo spesso accettano di lavorare in condizioni di pericolo, pressate da tempi e ritmi dettati dal meccanismo competitivo e dalla ricerca dell’abbassamento dei costi, in filiere sempre più lunghe”. Il responsabile Sicurezza della Cgil Emilia Romagna così conclude: “oggi, per lavorare verso l’obiettivo che fu gridato nel 1987, ‘Mai Più’, si riparte dalla presenza sindacale quotidiana al porto di Ravenna, dalla raccolta di firme sulla legge di iniziativa popolare sugli appalti e dal contrasto al Jobs Act”.