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La rivolta impossibile. Vita di Lucio Mastronardi, di Riccardo De Gennaro (Ediesse, collana Carta bianca) è la prima biografia dell’autore del Maestro di Vigevano. Il volume sarà presentato a Roma giovedì 7 giugno, ore 18.00, presso la Libreria Melbookstore in via Nazionale 254-255. L’autore ne parlerà con Goffredo Fofi (autore anche di una prefazione al libro), Maria Jatosti e Valerio Magrelli.
Riccardo De Gennaro colma una vasta lacuna, restituendoci il ritratto vivido di uno scrittore ancora troppo poco conosciuto. Un grande intellettuale che, insieme a Bianciardi e Pasolini, ha saputo raccontare meglio di chiunque altro gli sconvolgimenti degli anni del boom economico, quando la frenesia e la furia della corsa al denaro travolsero quasi tutta la nostra società. In tutti i suoi romanzi Mastronardi ha saputo cogliere lo spirito del tempo, parlando di quella grande provincia padana che, come scrive Fofi nella prefazione, «era - ed è forse ancora - la zona più fragile, succube e ricettiva della frenesia collettiva». Ma De Gennaro ci parla anche dei dilemmi insolubili di oggi, rivelando un mondo della cultura e dei media mai stato così conformista e totalmente privo di osservatori geniali ed acuti, come lo furono ieri Mastronardi e Bianciardi.
Dalla prefazione di Goffredo Fofi
Prima dell’immensa mutazione che sta coinvolgendo il mondo, e dunque noi tutti, c’è n’è stata un’altra attorno al 1960 che ha avuto in Italia effetti dirompenti e alla quale non eravamo affatto preparati, l’anno della Dolce vita: il boom, altrimenti detto miracolo economico, e il conseguente passaggio del nostro Paese dall’agricoltura all’industria, al benessere, al consumo. Una vitalità sorprendente, dalla quale, forse, avrebbe potuto nascere un Paese migliore, ma che è servita a distruggere assai più che a costruire. L’Italia non ha più avuto da allora «un volto che ci somiglia», secondo la definizione di Carlo Levi, e ha cominciato ad apparire estranea ai più sensibili e fragili dei suoi abitanti.
Era impossibile non accorgersi della trasformazione e tanti l’hanno narrata – scrittori, registi, giornalisti –, molti riuscendo con fatica ad adattarsi ai nuovi tempi (ma tanti con facilità, disposti agli opportunismi più sfrenati), altri, anche soccombendo alla novità, incapaci di accoglierla per via di una sensibilità più accesa, di un’insofferenza più acuta. Tra costoro: Pier Paolo Pasolini, che ne denunciò più e meglio di tutti gli effetti ma riuscì grazie a quest’azione a dilazionare la sconfitta; Luciano Bianciardi, che si lasciò andare all’alcol; e Lucio Mastronardi, che si uccise buttandosi nel Ticino. Di Pasolini sappiamo ormai tutto, di Bianciardi molto grazie agli scritti della sua compagna, Maria Jatosti, e alla biografia che gli ha dedicato Pino Corrias. Il libro di Riccardo De Gennaro colma finalmente una grave lacuna, e bisogna essergliene più che grati.
Mastronardi era il più fragile dei tre e il più impreparato a resistere. La ricostruzione della sua breve esistenza rende infine giustizia a quel margine delicato e indefinibile che lega e disgiunge la sua individuale nevrosi e l’isteria collettiva da cui il disagio individuale scaturisce, e ben distingue la non-accettazione dei pochi dall’accettazione dei più, delle cosiddette masse. Ed è, a ben guardare, Mastronardi ad aver narrato meglio di ogni altro scrittore, nel Maestro di Vigevano, nel Calzolaio e nel Meridionale, gli sconvolgimenti del boom, la frenesia e la furia della corsa al denaro che travolsero quasi tutta la nostra società. Egli lo ha fatto re-inventando una lingua, negli anni di Meneghello, e parlando della provincia, di quella vasta e importante provincia padana, che fu forse – ed è forse ancora – la zona più fragile, succube e ricettiva della frenesia collettiva: dove tutto si fa moneta, e la nuova ricchezza non elimina la grettezza preesistente, per esempio nel mondo della scuola, nei modi della convivenza, ma ve ne aggiunge di nuova nell’idolatria dell’arricchimento.
Dobbiamo a De Gennaro – che parlando di Mastronardi sa parlare anche di sé e degli insolubili dilemmi dell’oggi – il merito non solo di aver rimediato a un vuoto, a una dimenticanza o a una superficialità del giudizio critico recente, ma soprattutto di spingerci a rileggere Mastronardi considerandolo, come giusto, all’altezza dei maggiori scrittori del suo tempo, pur così ricco di grandi autori.