La manovra economica è soltanto l’ultimo dei tagli inflitti alla cultura italiana. Lo hanno affermato nel corso di “Elleradio”, l’appuntamento quotidiano con l’approfondimento di RadioArticolo1, numerosi esponenti della formazione, della ricerca e delle arti del nostro paese. Tanti gli ospiti che hanno ragionato ai microfoni della webradio della Cgil. “Per questa maggioranza tutto quello che non fa spettacolo mediatico è qualcosa che passa in secondo piano”, ha sostenuto il professor Antonio Parisella, presidente del Museo storico della Liberazione. “Questa - ha aggiunto - è davvero una concezione della cultura sbagliata. Tutto ciò che fa formazione, oltre che esposizione, è un investimento per il futuro. S'investe oggi, si formano le persone oggi per avere le risorse umane domani. Ma non è questa l’idea alla base delle politiche culturali di chi ci governa”.
Andrea Boninti, ricercatore dell’Ispesl (Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro), ha sostenuto che dietro la manovra di Tremonti c’è innanzitutto “un attacco al pubblico e agli enti di ricerca de non devono essere liberi di esprimersi, e poi l’attacco è anche alla salute e alla sicurezza di tutti i lavoratori”.
“Negli Enti Lirici lavorano 5.600 persone senza considerare l’indotto”, ha raccontato Loris Grossi, un musicista del Teatro dell’opera di Roma: “I tagli al settore quindi riguardano i diritti di questi lavoratori ma non solo. Attacchi come questo di fatto non sono altro che lo smantellamento della funzione di pubblica di queste istituzioni per trasformarle in contenitori per l’intrattenimento puro cancellando la funzione pedagogica che invece hanno”.
Benedetta Buccellato è un attrice e ricopre il ruolo di segretaria dell’Associaizone per il Teatro Italiano. “Sono anni - osserva - che c’è un attacco preciso, continuativo e sempre più spietato nei confronti dello spettacolo e della cultura. Noi lavoratori delle arti siamo toccati nella quotidianità della nostra vita ma pensiamo che il messaggio di allarme debba passare a tutta la società perchè una nazione senza cultura non ha futuro. Un film, uno spettacolo teatrale, una coreografia, una composizione musicale raccontano l’oggi, io credo che nei nostri governanti ci sia un lucido disegno di non raccontare o di raccontare solo ciò che si vuole”.
Il Centro sperimentale di cinematografia è in assemblea permanente, gli allievi lo hanno occupato e riflettono da giorni sul proprio futuro insieme ad insegnanti, ad attori e registi che li vanno a trovare. Ha detto Alessandra Guerino: “Pensare che lo Stato possa abdicare alla sua funzione di formazione, o che possa chiudere al pubblico il proprio patrimonio conservato nella Cineteca nazionale ci sembra davvero una assurdità. Ridurre la presenza dello Stato nel cinema come nel teatro evidentemente risponde ad una intenzione di limitare l’intervento pubblico”.
“Nel nostro paese ora la cultura non è più ritenuta un valore ma un puro costo”. Così in conclusione Domenico Pantaleo segretario generale della Flc Cgil, secondo il quale tutto ciò finisce per impoverire fortemente il paese. "D’altro canto si vuole far passare il messaggio che la formazione delle persone avviene essenzialmente attraverso il sistema mediatico tutto monopolizzato dal Cavalier Berlusconi”. Per Pantaleo, infine, “occorre ricostruire dal basso, tra i cittadini, una domanda di socialità nuova, di cultura nuova, una domanda di benessere nuovo che faccia della partecipazione la propria arma vincente”.
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(a cura di RadioArticolo1)
Manovra, il mondo della cultura in rivolta
Interviste e opinioni raccolte in "Elleradio", l'approfondimento quotidiano di RadioArticolo1
3 giugno 2010 • 00:00